Gli ultimi sviluppi a nord-est della Siria suggeriscono che la strategia di reciproco contenimento adottata nei mesi scorsi da Ankara e Mosca potrebbe non reggere ulteriormente.
A un anno dal raid statunitense che ha portato alla morte di Qasim Suleimani e Abu al-Muhandis, la rabbia di Teheran continua a ribollire. Le ultime dichiarazioni dei funzionari della Repubblica Islamica e delle milizie sciite presenti in Iraq parlano chiaro. La
Khalifa Haftar ha invitato le sue forze a prendere le armi per scacciare il ‘’colonizzatore ottomano" dalla Libia mentre il ministro della Difesa turco ha dichiarato che le forze dell’Esercito nazione libico (LNA) e i suoi alleati restano ‘’obiettivi legittimi’’. C’è rischio
La liberalizzazione economica e le riforme di decentralizzazione dell’amministrazione locale hanno acuito le disparità tra Alto e Basso Egitto, nonché il fenomeno della povertà rurale. Come e perché queste disuguaglianze sono destinate a permanere?
La scorsa settimana il premier iracheno Al-Kadhimi ha incontrato il presidente turco Erdogan. I leader hanno discusso del futuro delle relazioni tra i due paesi, dopo le recenti tensioni in merito alla questione curda e alla gestione delle acque del Tigri.
I recenti avvenimenti riguardanti la Penisola del Sinai confermano la forte resilienza dei gruppi armati in essa presenti, i quali, nonostante le ingenti operazioni di contrasto, continuano a sferrare attacchi contro ‘’il nuovo faraone dell’Egitto’’
Il 4 dicembre Italia e Libia hanno firmato un accordo di cooperazione tecnico-militare che, stando alle dichiarazioni del Ministro della Difesa tripolino, si estenderà ben presto a tutti i ‘’paesi fraterni’’ che si sono schierati con il popolo libico.
La regione del Fezzan potrebbe essere l’area a destare maggiori problematiche nella futura riunificazione e ricostruzione della Libia.
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