INSTABILITÀ E PROTESTE IN GEORGIA LUNGO LA PROPRIA TRAIETTORIA EUROPEISTA

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Un duplice progetto di legge sugli “agenti stranieri” in Georgia ha causato una protesta alle porte del Parlamento colpevole, secondo i manifestanti, di aver tentato di gettare le basi legali per “sorvegliare” individui, organizzazioni della società civile e organi di stampa che ricevono almeno il 20% del proprio finanziamento annuale da fonti straniere e limitarne sensibilmente le capacità. Uno sviluppo che rischia di generare un effetto domino ed acuire divisioni interne, allontanando o avvicinando in ultimo il paese all’Unione Europea.

La protesta prende le mosse dai progetti di legge sugli “agenti stranieri” di metà e fine febbraio, presentati dal gruppo parlamentare “Potere al Popolo”, alleato del partito di maggioranza “Sogno Georgiano”. In entrambi i progetti l’elemento fondamentale era di istituire un registro e un’agenzia di influenza straniera, in un primo momento riservato ad organizzazioni e media, e nel secondo progetto esteso a persone fisiche.

Detto del requisito del 20%, la nuova agenzia e la creazione del registro sarebbero stati incisivi strumenti di controllo dei soggetti suesposti: dall’accesso ai dati personali, alla trasmissione di informazioni relative al bilancio ed alla natura dei finanziamenti.

Per di più gli oppositori ritengono anche che lo stesso termine “agenti stranieri” sia strettamente legato allo spionaggio, e dunque utilizzato in senso prettamente negativo. Non sono inoltre mancati da parte degli oppositori all’iniziativa parallelismi con una legge, questa già in vigore, della Federazione Russa che metterebbe le organizzazioni della società civile in una posizione di vulnerabilità, qualificandola perciò come “legge russa”. 

È tuttavia pochi giorni fa che la vicenda è comparsa sulle prime pagine dei media internazionali, a seguito dell’adozione in prima lettura (su tre necessarie) del primo progetto di legge, in data 7 marzo, cui è seguito a stretto giro una protesta davanti al Parlamento di Tbilisi. Per tre giorni non sono mancati feriti e arresti, sino alla tregua quando il Parlamento georgiano ha bocciato con 35 voti a favore e 1 contro la controversa iniziativa.

Oltre alle critiche da parte dei gruppi della società civile georgiana, il “mondo occidentale” in toto ha espresso preoccupazione ed appoggiato iniziative volte a bloccare il cammino della norma. Persino la Presidente Georgiana Salome Zurabishvili ha dichiarato che avrebbe posto il veto alla legge: “sono al vostro fianco perché oggi rappresentate la Georgia libera che vede il suo futuro in Europa e non permetterà a nessuno di rubare questo futuro” (veto che il Parlamento avrebbe eventualmente comunque potuto superare).

All’iniziativa parlamentare Georgiana, oltre alle eventuali conseguenze dirette interne, si accompagnano diverse considerazioni circa la traiettoria che il paese intende intraprendere. Nel tentativo di “Potere al Popolo” e di “Sogno Georgiano” si potrebbe infatti argomentare che Mosca non abbia esercitato un ruolo irrilevante, la stessa Presidente Zurabishvili ha dichiarato senza mezzi termini che “questa legge – di cui nessuno aveva bisogno – non viene fuori dal nulla. È qualcosa dettata da Mosca”. A ciò si aggiunge la considerazione che “Sogno Georgiano” è stato fondato dell’ex Primo Ministro e multimiliardario Bidzina Ivanishvili che, secondo Politico detiene da solo il 20% del Pil del Paese e ha accumulato importanti ricchezze proprio in Russia prima di diventare Primo Ministro in Georgia.

Certamente l’approvazione della legge sugli “agenti stranieri” avrebbe allontanato sensibilmente la Georgia nelle sue ambizioni europee e di adesione alla NATO, sancite per altro dalla Costituzione nazionale. A seguito della mancata concessione dello status di candidato all’Unione Europea nel giugno dell’anno scorso, ma di semplice riconoscimento della “prospettiva europea”, gli sviluppi delle ultime settimane sembravano riportare Tbilisi sempre più vicino a Mosca. Il tutto malgrado gli stati a riconoscimento limitato dell’Ossezia del Sud e dell’Abcasia occupino, attraverso il sostegno Russo, parte del territorio Georgiano.

Ma l’alzata di scudi interna ed estera, significative in tal senso le parole di sostegno del Presidente Francese[1], sono state per ora efficaci, dal basso, nel riportare Tbilisi sul tracciato occidentale.

Nei giorni scorsi tuttavia manifestanti di segno opposto hanno dato alle fiamme la bandiera dell’Unione Europea issata davanti al Parlamento, chiedendo che venga indetto un referendum sulla legge relativa agli “agenti stranieri”.

La legge sugli “agenti stranieri” ed i suoi seguiti diretti costituiscono la perfetta prova di maturità per Tbilisi, da cui sarà visibile la traiettoria che il paese vorrà intraprendere: assecondare le istanze dal basso della popolazione a maggioranza europeista, o mantenere un rapporto privilegiato con la Federazione Russa, il cui cardine naturale è nella nomenclatura Georgiana. Nel frattempo le scene di protesta a Tbilisi hanno ricordato ad alcuni osservatori quelle dell’Euromaidan a Kiev, nel non lontano 2014.


[1] che ha assicurato che Tbilisi nel proprio impegno per i valori democratici, la libertà di stampa e di associazione può contare sul sostegno Francese.

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