Il Segretario di Stato americano Antony Blinken si è recato ad Ankara per mostrare vicinanza e sostegno al popolo turco, fortemente colpito dal terremoto del 6 febbraio scorso. La visita, che replica l’incontro del Ministro degli Esteri turco Çavuşoğlu a Washington svoltasi a gennaio, ha avuto come punti principali il sostegno umanitario ed economico di Biden alla Turchia, la questione della sicurezza della NATO, l’acquisto di jet F-16 e il ruolo della Turchia nella stabilità del Mediterraneo.
Non si è fatta attendere la visita del Segretario di Stato americano Antony Blinken in Turchia per far sentire la vicinanza dell’amministrazione Biden al popolo turco, il quale vive un forte dramma umanitario a causa del terremoto del 6 Febbraio. A gennaio, il ministro degli Esteri turco Çavuşoğlu si era recato a Washington per portare avanti la piattaforma programmatica avviata da Biden ed Erdoğan chiamata Strategic Mechanism che nel lungo termine permetterà alle due amministrazioni di avere due incontri bilaterali annuali che saranno di fondamentale rilievo per la discussione di punti strategici inerenti gli interessi tra i due Stati. La necessità di approfondire i rapporti diplomatici tra Turchia e Stati Uniti è dovuta soprattutto al ruolo che la prima sta assumendo in modo sempre più preponderante all’interno degli equilibri dell’area mediterranea, nonché alla necessità di allontanare Erdoğan dalla tentazione di concedersi troppo alla Russia di Putin, il quale però continua nella volontà di rinsaldare i suoi rapporti con Ankara. Le due delegazioni hanno sorvolato in elicottero la regione di Hatay, nel sud della Turchia e al confine con la Siria, per constatare gli ingenti danni provocati dal sisma. Successivamente si sono riuniti ad Ankara, dove ha avuto luogo il tavolo di confronto.
Le questioni
Le due delegazioni diplomatiche hanno avuto modo di dialogare su svariati temi: dalla cessazione delle sanzioni unilaterali imposte dagli USA alla Turchia per l’acquisto del sistema antimissilistico S-400 da parte della Russia, alla stabilità della regione caucasica e gli interessi congiunti nel conflitto tra Armenia e Azerbaijan, dall’allargamento della NATO a Svezia e Finlandia, alla volontà di far aderire la Turchia al programma di acquisto degli F-16 e lotta al terrorismo.
Gli Stati Uniti garantiranno cento milioni di dollari per la ricostruzione delle aree distrutte dal sisma, oltre al supporto umanitario e alle ONG americane coinvolte nelle missioni di salvataggio nella regione di Hatay. Il segretario Blinken ha così commentato la notizia: «[…] Proprio come alleati e partner si presentano l’uno per l’altro nelle nostre ore più buie, siamo anche fianco a fianco nell’affrontare le sfide comuni alla sicurezza. E questo è stato certamente vero nella nostra risposta all’aggressione della Russia contro l’Ucraina.» Questa dichiarazione può essere sicuramente considerata una punzecchiatura da parte degli Stati Uniti sulla posizione della Turchia rispetto all’invasione russa. Se da un lato Erdoğan ha condannato sin da subito l’azione militare di Putin, dall’altro non ha mai partecipato alle sanzioni, portate avanti sia dagli alleati della NATO sia dai membri dell’UE.
L’incontro è stato altresì importante per rinsaldare i rapporti commerciali tra i due paesi. Ad oggi, gli Stati Uniti non rappresentano un solido partner commerciale per la Turchia, la quale ha volumi di scambio molto più ampi con Germania, Russia e Cina. L’obiettivo è quello di aumentare il volume di commercio tra i due paesi fino ad arrivare a cento miliardi di dollari, rispetto ai trentadue dell’anno passato.
Ciò sarà possibile anche grazie alla prosecuzione delle trattative valide per l’acquisto di F-16 da parte della Turchia per un valore di venti miliardi di dollari che gli consentiranno di dotarsi di 40 caccia costruiti dall’americana LockheedMartin Block. Le trattative sono però minate dal Congresso americano e da una schiera di senatori che sono contrari al benestare dell’amministrazione Biden riguardo questo punto. Le remore riguardano soprattutto l’acquisto di sistemi antimissilistici russi S-400 da parte della Turchia che ha provocato sanzioni unilaterali da parte degli Stati Uniti, escludendo Ankara dal programma F-35, nonostante un primo pagamento già effettuato di 1,4 miliardi di dollari non ancora restituiti. L’acquisto degli F-16 è supportato da Biden non solo per rendere più forte uno dei più importanti membri della NATO, ma anche per fornire le armi necessarie affinché la Turchia diventi totalmente indipendente da un punto di vista militare, consolidando la posizione di Ankara nello scacchiere del Mediterraneo.
Il focus principale dell’incontro resta ovviamente la sicurezza interna alla NATO, questione seriamente legata anche all’acquisto degli F-16, nonostante le smentite ufficiali. La sensazione è che le trattative tra Stati Uniti e Turchia riguardino un possibile scambio: la Turchia da un lato accetta l’ammissione di Svezia e Finlandia nell’Alleanza Atlantica e gli USA procedono in seno al Congresso nell’avvio del procedimento di acquisto degli F-16. Çavuşoğlu ha affermato che, se da un lato le frizioni della Turchia riguardo l’ingresso nella NATO della Finlandia appaiano ormai superate, la posizione di Ankara riguardo la Svezia è ancora categorica. Il memorandum di intesa firmato dai due paesi scandinavi con la Turchia a Madrid a Luglio 2022 non ha apportato particolari modifiche negli equilibri ormai noti: la Svezia ha disatteso la volontà di Ankara di estradare alcuni dissidenti politici che, secondo il governo turco, non solo avrebbero partecipato al tentativo di colpo di Stato occorso nel 2016 ma sarebbero anche legati al PKK curdo, organizzazione notoriamente considerata terrorista da parte della Turchia, rendendo impossibile un lasciapassare da parte di Erdoğan. I rapporti si sono maggiormente incrinati dopo che Stoccolma ha autorizzato alcune manifestazioni anti-turche ed anti-islamiche. Il vero punto di svolta sulla questione si avrà al prossimo vertice della NATO che avrà luogo a Vilnius, in Lituania, nel quale le riserve della Turchia saranno sciolte.
Questo incontro denota un ruolo sempre più prorompente di Ankara sulle questioni di politica estera riguardanti l’Europa. Nonostante valori democratici più o meno condivisi con i membri dell’Alleanza Atlantica e con gli Stati Uniti, la considerazione di Erdoğan da parte degli alleati occidentali è quantomai viva e attenta. Le elezioni di maggio determineranno la linea politica dei prossimi anni in Turchia, con la possibilità che un nuovo governo possa schierarsi definitivamente a favore dell’Occidente, mettendo fine a gran parte delle preoccupazioni e degli sforzi diplomatici statunitensi per assicurarsi una fedeltà politica minata dai partner orientali come Russia e Cina.