Durante l’ultima Assemblea generale, i Paesi membri hanno condannato i recenti golpe e promosso gli scambi commerciali tra gli Stati africani.
Nei giorni tra il 16 e il 19 febbraio 2023 si è svolta la 36esima sessione ordinaria dell’Assemblea dell’Unione Africana. Il vertice svoltosi ad Addis Abeba, in Etiopia, ha riunito i 55 Paesi membri dell’Unione. L’Assemblea si è concentrata principalmente su tre argomenti, ovvero la pesante crisi di sicurezza, l’emergenza alimentare e le forme di collaborazione tra i Paesi membri. Durante l’ultima sessione ordinaria, l’Unione Africana ha deciso di confermare le sanzioni ai danni di Mali, Burkina Faso e Guinea, sospesi momentaneamente dell’Unione in quanto attanagliati dalle conseguenze dei colpi di stato messi in atto da giunte militari. Nonostante l’invio di delegazioni diplomatiche presso Addis Abeba dei paesi sanzionati, questi non sono riusciti trovare a mediare con l’Unione Africana, nonostante la promessa di un ritorno all’equilibrio costituzionale.
Come riportato da un articolo della BBC, i ricercatori Jonathan Powell and Clayton Thyne hanno individuato 200 tentativi di colpi di stato in Africa a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, periodo in cui i movimenti indipendentisti e anticoloniali iniziarono a prendere forza. Sempre secondo l’articolo della BBC, negli ultimi tre anni i colpi di stato sembrano essere sempre più frequenti in Africa: dal 2000 al 2019, i colpi di stato sono stati più rari, con una media di due all’anno, mentre dall’inizio del decennio attuale sono stati ben più numerosi. Solo nel 2021 ci sono stati sei golpe, di cui quattro hanno avuto successo; mentre nel 2022 il continente africano ha assistito a cinque colpi di stato, di cui due nel solo Burkina Faso, Paese che detiene il record negativo di ben nove rovesciamenti di potere a partire dalla sua indipendenza.
A contribuire a questi golpe sono sicuramente lo stato di povertà e l’economia debole dei paesi colpiti, tuttavia nei due casi del Burkina Faso, le giunte militari hanno utilizzato come pretesto la lotta all’ascesa jihadista nella zona del Sahel e l’incompetenza dei governi e degli alleati occidentali nel fronteggiare questa minaccia. A condannare questa situazione nel 2021 fu il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres, il quale affermò che le cause del ritorno dei rovesciamenti di potere erano da ricercare nella mancanza di collaborazione della comunità internazionale.
Sempre durante il summit nella capitale etiope, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale ha deciso di inasprire le sanzioni verso i Paesi sotto il giogo di giunte militari, impedendo ai funzionari governativi della Comunità di entrarvi. L’Unione Africana spinge dunque verso un ultimatum: per porre fine alle sanzioni e all’isolamento, i Paesi sanzionati dovranno ristabilire l’ordine democratico entro il 2024 (nel caso di Burkina Faso e Mali) e il 2025 (nel caso della Guinea).
Proprio a causa di questo isolamento, i paesi colpiti dalle sanzioni saranno esclusi dall’Africa Continental Free Grade Area (AfCTFA), l’accordo di libero scambio tra le Nazioni africane entrato in vigore nel 2021. Durante l’ultima Assemblea, l’AfCTFA ha ribattezzato ufficialmente il 2023 come “The Year of AfCFTA: Acceleration of the African Continental Free Trade Area Implementation”.
L’Unione Africana si è dunque posta come obiettivo quello di promuovere l’integrazione economica tra le Nazioni africane, puntando a un aumento delle esportazioni tra queste del 60% entro il 2034 e dunque a una maggior emancipazione economica dagli attori esteri. Nel fare ciò, l’AfCTFA chiede ai Paesi membri di favorire una maggiore cooperazione tra le Nazioni, gli organi dell’UA, il settore privato, i partner per lo sviluppo e tutti gli stakeholder interessati. Attualmente, le merci scambiate tra i Paesi africani ammontano al 15%, mentre nell’Unione Europea vanta una media superiore al 60%. Questa scarsa performance nei commerci è dovuta non soltanto ai problemi di sicurezza nei confini, ma anche alle profonde lacune infrastrutturali tra e negli Stati.
Per contrastare questo fenomeno, l’AfCTFA ha proposto degli aiuti economici verso le piccole e medie imprese, policyatte a favorire l’industrializzazione e il miglioramento delle infrastrutture, ma anche politiche di inclusione verso giovani e donne. Tutto ciò avverrà nell’ottica dell’Agenda 2063, ovvero il programma firmato dall’Unione Africana nel 2015 con l’intento di realizzare uno sviluppo sostenibile e inclusivo, promuovendo la libertà, l’autodeterminazione e il progresso dell’Africa.
Ciò che è emerso durante l’ultima Assemblea dell’Unione Africana è un forte senso di condanna verso i regimi militari che stanno riemergendo durante gli ultimi due anni, con una forte condanna verso chi attacca il processo di democratizzazione ancora in corso in Africa. L’Unione Africana opta quindi per il metodo del bastone e della carota, isolando i Paesi sotto il controllo militare sia dal punto di vista diplomatico che commerciale e, contemporaneamente, promuove l’eliminazione delle barriere economiche tra gli Stati membri dell’AfCTFA. La cooperazione tra le Nazioni africane è fortemente incoraggiato dalle Nazioni Unite: durante l’assemblea terminata il 19 febbraio, il già citato Segretario Generale António Guterres si è mostrato fortemente convinto della buona riuscita del progetto dell’Unione Africana, spingendo l’ingresso di questa nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Il decennio in corso rappresenta un banco di prova non soltanto per l’Unione Africana ma per l’Africa intera, la quale si trova a fronteggiare il vecchio problema degli attacchi all’ordine costituito, ma che si affaccia allo stesso tempo a nuove opportunità di cooperazione e democrazia. Le azioni dell’Unione Africana hanno certamente dato l’opportunità alla stessa di potersi interfacciare maggiormente con gli attori esteri, cosa che ha permesso il suo avvicinamento alle Nazioni Unite e la candidatura per diventare membro permanente del G20. Da un punto di vista della “politica interna” africana, la cooperazione con le organizzazioni internazionali e tra gli Stati membri promossa dall’Unione Africana ha una potenzialità unica; una maggiore coesione tra gli Stati può certamente rivelarsi dissuasiva verso eventuali colpi di Stato, i quali potrebbero risultare poco convenienti in vista di pesanti sanzioni inflitte dall’Unione Africana.
Una stretta collaborazione con le istituzioni internazionali potrebbero fungere da deterrente per le influenze esterne, in particolare quelle dettate dagli interessi di Russia, Turchia e Cina – ma anche Stati Uniti e Unione Europea – nel continente africano. Una risposta autoritaria dell’Unione Africana verso le possibili mire espansionistiche degli attori esterni verso le risorse dell’Africa risulterebbe un metodo efficace per la difesa degli interessi dell’organizzazione panafricana. Questo aumento di potere e di mezzi a disposizione dell’Unione Africana è appoggiata dall’Unione Europea, la quale cerca certamente di difendere i suoi investimenti in Africa, concentrati soprattutto nell’area del Sahel.
Le risorse dell’Africa attirano le pressanti attenzioni degli Stati esterni, i quali tentano con metodi diversi di aumentare l’influenza nei singoli Paesi africani, a volte fornendo persino aiuti militari e logistici, come nel caso della Russia in Burkina Faso e Mali, due delle Nazioni più colpiti dai colpi di Stato. La spinta verso la cooperazione economica dell’Unione Africana potrebbe essere di grande ostacolo per gli interessi degli attori esteri, i quali potrebbero vedere il loro ruolo in Africa ridimensionato. Tuttavia, nonostante le ottime intenzioni, questo processo risulterà ricco di complicazioni, dovute certamente alla disparità delle economie africane e quelle dei Paesi esterni, elemento che contribuisce alla presenza dello spettro del neocolonialismo.
Questo diventa sempre più concreto a causa dell’implementazione di pratiche quali il landgrabbing, una tattica insistentemente praticata dagli Stati esterni e dalle multinazionali che dovrà essere fortemente limitata dall’Unione Africana. Gli obiettivi di quest’ultima puntano ovviamente al lungo periodo, perché lo svantaggio economico e sociale dei Paesi membri verrà recuperato tramite una lunghissima gestazione, in cui è altamente probabile che il numero dei colpi di Stato continuerà a salire prima di poter dimunuire, così come l’economia faticherà ancora per lungo tempo prima di potersi risanare.