Biden, Corea del Sud e Giappone: patto contro la Cina

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Fonte immagine: ankasam

Usa, Corea del Sud e Giappone mantengono una salda cooperazione militare sebbene il piano anticinese della Casa Bianca abbia fatto storcere il naso, soprattutto a Seul.

Biden prosegue la guerra commerciale contro la Cina

Segnali di insoddisfazione da parte della Corea del Sud sulle manovre americane in materia di semiconduttori e nella chip war: un conflitto che sembra combattersi a “colpi” di investimenti, fondi speciali e restrizioni che lascia intravedere all’orizzonte lo spettro di un disaccoppiamento, ovvero decoupling tecnologico

Al centro della diatriba vi sono soprattutto i semiconduttori, più comunemente noti come microchip

Washington sembra ora impegnata con tutte le forze a provare a mandare fuori strada il Dragone dalle catene di approvvigionamento delle tecnologie più avanzate, mentre Pechino cerca invece di provare a raggiungere l’autosufficienza tecnologica in modo da mettersi al riparo da ulteriori “restrizioni” americane.

Il presidente statunitense Joe Biden, seguendo il solco tracciato dal suo predecessore Donald Trump, sembra aver persuaso i partner americani, decisivi nella produzione di semiconduttori, a interrompere o comunque limitare i rapporti con Pechino. Su questa strada sembra essere riuscito a convincere soprattutto Giappone e Paesi Bassi, che sembrano ora essersi pressoché allineati al Biden-pensiero.

L’intesa sembra aver rinsaldato i rapporti sempre più stretti tra statunitensi e nipponici, suggellati nel gennaio scorso dalla visita del premier Fumio Kishida alla Casa Bianca, occasione durante la quale venne annunciato un rafforzamento ulteriore della partnership tra i due Paesi, specie nel campo militare.

Meno scontato, invece, il via libera dei Paesi Bassi, che avevano sempre provato a evitare le richieste americane di restrizione. 

Semiconduttori: il petrolio del futuro?

Secondo taluni i semiconduttori rappresentano il petrolio del futuro: ad esserne particolarmente interessata risulta essere soprattutto l’Asia orientale, in particolare Taiwan e Corea del Sud, dove si fabbrica e si assembla la totalità dei semiconduttori mondiali sotto i 10 nanometri, ovvero quelli più avanzati. Le aziende taiwanesi controllano oltre il 65% del comparto di fabbricazione e assemblaggio dei semiconduttori. Il primo competitor sul mercato è rappresentato dalla sudcoreana Samsung col 16% del mercato. 

Tanto Taipei quanto Seul hanno cercato di “dribblare” il momento in cui sarebbero state costrette a operare una scelta di campo: i partner asiatici degli Usa, anche membri della cosiddetta Chip 4, alleanza proposta da Washington con Giappone, Corea del Sud e Taiwan per rafforzare la produzione e le supply chain “democratiche”, si sono infatti dichiarati perplessi fin dal primo momento dopo i piani proposti dal capo della Casa Bianca.

Secondo Seul, infatti, il Chips Act potrebbe aggravare le incertezze commerciali, violare i diritti di gestione e di tecnologia delle aziende e rendere gli Stati Uniti meno attraenti come opzione di investimento.

Secondo il Chips Act, infatti, le aziende che accettano gli incentivi devono necessariamente condividere con Washington una parte dei loro profitti: alle aziende che si aggiudicano i sussidi per i chip viene però impedito di impegnarsi in attività congiunte di ricerca e di licenza tecnologica o di espandere la capacità produttiva di semiconduttori in Paesi stranieri,  come appunto la Cina per un periodo di 10 anni. È proprio su questo punto che dissente la Samsung che possiede fabbriche di chip in Cina.

Cooperazione militare al centro dell’alleanza tra Washington e Seul

Se dal punto di vista commerciale Biden deve risolvere dei grattacapi con Seul, diverso è il discorso incentrato sulla cooperazione militare con i sudcoreani in funzione anti-Corea del Nord.

Dopo che Pyongyang ha lanciato due missili balistici nelle acque al largo della costa orientale della penisola coreana, gli Stati Uniti hanno risposto al lancio dell’Icbm tenendo domenica esercitazioni separate con la Corea del Sud e il Giappone. 

Washington e Seul hanno dato il via alle operazioni del progetto ‘Freedom Shield’, che vedrà gli eserciti di entrambi i Paesi impegnati in manovre a terra con lo schieramento di bombardieri strategici e di altre risorse in tutta la penisola basate su simulazioni al computer che contemplano scenari in cui Pyongyang attacca il Sud della penisola: per la prima volta le manovre si svolgeranno senza una pausa nel fine settimana, segnando la serie più lunga di manovre mai condotte dagli Alleati. Nell’ambito di ‘Freedom shield’, sudcoreani e statunitensi effettueranno una ventina di esercitazioni a terra, battezzate ‘Warrior shield’, che ‘recuperano’ lo schema di ‘Foal eagle’, manovre a terra degli alleati sospese poi nel 2019 per cercare di migliorare il clima durante i colloqui sul disarmo avviati con il regime nordcoreano.

A conferma dei buoni rapporti tra i due Paesi vi è il fatto che Biden ospiterà il Presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol per una visita di Stato il 26 aprile prossimo. “L’imminente visita celebra il 70° anniversario dell’alleanza tra Stati Uniti e Corea del Sud, che è fondamentale per promuovere la pace, la stabilità e la prosperità dei nostri due Paesi, dell’Indo-Pacifico e di tutto il mondo”, ha dichiarato il Segretario della Stampa della Casa Bianca Karine Jean-Pierre in un comunicato.

Biden ha accolto con entusiasmo anche la decisione di Corea del Sud e Giappone di intensificare la loro collaborazione che segna un nuovo capitolo di cooperazione e partnership tra due dei più stretti alleati degli Stati Uniti. I “loro passi”, così dice la dichiarazione ufficiale, “ci aiuteranno a sostenere e far progredire la nostra visione condivisa di un Indo-Pacifico libero e aperto”. La sfida a Xi è dunque appena cominciata.

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