Nonostante sia passato un anno, nessuno può ancora prevedere con certezza quando le ostilità tra Russia e Ucraina avranno fine. Pochi sono i segnali che indicano una fine prossima del conflitto e nelle nebbie della guerra è estremamente difficile prevedere il futuro. Secondo alcuni sarà ancora molto lunga e di crescente intensità, mentre altri prevedono che quest’anno si giungerà ad una svolta. Alla luce di questi schemi è possibile delineare 5 probabili scenari che possono gettare una luce su ciò che ci aspetta e le possibili conseguenze geopolitiche per l’Europa e il mondo.
A un anno dall’inizio delle operazioni militari gli scontri non accennano a diminuire. Al contrario sembra siamo entrati in una nuova fase e nei prossimi mesi assisteremo, da parte russa o ucraina a seconda delle analisi, ad una svolta sul campo che determinerà un cambio di rotta. Nonostante sia
ancora difficile trarre conclusioni finali sui risultati è opportuno riflettere su come questa guerra possa risolversi, anche perché dopo 12 mesi di combattimenti sono stati accumulati dati sufficienti per definire alcuni possibili scenari, sia politicamente che militarmente.
SCENARIO COREANO
In questo scenario ci possono essere due “sottoversioni” che vedono da un lato l’accettazione de facto delle posizioni raggiunte da entrambe le forze in campo in questo momento, con qualche piccolo accomodamento territoriale; oppure un massiccio intervento delle forze russe su tutta la parte est del fiume Dnepr, che fungerà da nuova linea di confine. L’Ucraina contesterebbe, ma verrebbe costretta ad accettare una tregua di compromesso simile a quella avvenuta tra le due Coree con un confine smilitarizzato senza che si raggiunga una vera pace.
Nonostante questo scenario fosse stato paventato già da marzo 2022 dal Guardian e recentemente ripreso da organi di informazioni ucraina come l’Ukrinform o l’Ukrainian World Gongress, questa possibilità appare difficile. In primo luogo lascerebbe entrambe i contendenti geopoliticamente insoddisfatti, da un lato Kiev potrebbe (sempre con il supporto occidentale) iniziare una campagna di destabilizzazione nei territori sotto il controllo russo grazie ad azioni di guerriglia. Dall’altro lato, Mosca non avrebbe raggiunto i suoi obiettivi prefissati quali la “denazificazione” del paese o la ripresa di territori ufficialmente parte della Federazione Russa come Kherson o il restante Donbass.
Se ciò accadesse, per Putin risulterebbe in uno smacco e un’inaccettabile sconfitta sul fronte domestico, senza contare che non sarebbero raggiunti gli obiettivi di mettere in sicurezza la Russia da futuri conflitti regionali. Infatti, al contrario delle due Coree, la guerra sarebbe solo rimandata a data da destinarsi. Non importa che se ci vorranno 10 o 15 anni, ma sicuramente Kiev inizierà un pesante riarmo supportato dalle cancellerie occidentali con l’obiettivo di arrivare ad una successiva “resa dei conti” sul campo di battaglia, senza escludere questa volta il diretto invio di forze NATO.
SCENARIO INDEFINITO
In questo scenario la Russia e l’Ucraina si rifiutano di fare marcia indietro, ma nessuna delle due parti fa progressi significativi, che potrebbero durare molti mesi o addirittura anni. Kiev verrebbe continuamente armata dall’Occidente grazie a continui rifornimenti di materiale bellico e al supporto economico per pagare le sue forze in campo, mentre Mosca, che secondo Reuters possiede sufficienti riserve per combattere altri due anni, continuerà sulla strada dell’economia di guerra.
Tuttavia più a lungo si protrarrà il conflitto e più l’Occidente sarà sottoposto a una maggiore pressione politica affinché faccia di più. Non mancano infatti i continui appelli di Zelenski affinché i paesi del blocco NATO continuino a fornire mezzi e materiali per continuare lo scontro e costringere Mosca a sedersi al tavolo delle trattative. Questo però costringerà i paesi UE, già provati dalla crisi Covid a entrare in un economia di guerra con un’inflazione tendente al rialzo e il costo dell’energia e di altre materie prime destinato ad inasprirsi o comunque a rimanere troppo alto.
Difficilmente i paesi dell’alleanza atlantica, che secondo le dichiarazioni di Stoltenberg hanno già esaurito o stanno esaurendo le riserve strategiche, si mobiliteranno verso una produzione di mezzi e materiali a tempo indeterminato, dato l’alto consumo giornaliero di munizioni da parte ucraina (5000 pezzi secondo alcune fonti). Inoltre un conflitto prolungato potrebbe non solo rendere più difficile per Cina e India rimanere neutrali, ma anche permetterebbe a Pechino di potersi armare indisturbato per poter chiudere definitamente la partita con Taiwan mentre l’Occidente è distratto.
SCENARIO DIPLOMATICO
Nonostante in questo momento sembra essere l’opzione meno possibile e poco considerata, in questo scenario Kiev e Mosca riuscirebbero a raggiungere un accordo che da un alto vedrebbe l’Ucraina rinunciare alle sue ambizioni dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico e ad adottare la neutralità, forse con la concessione di poter entrare nella UE. Mentre alla Russia verrebbero riconosciute garanzie di sicurezza e il riconoscimento della Crimea e Donbass.
Tuttavia rimane altamente improbabile. Da un lato la Russia non accetterebbe un compromesso che escluderebbe il pieno riconoscimento delle quattro regioni del Donbass come territori integranti della Federazione. Zelenski, dal canto suo, considera inaccettabile piegarsi a Mosca la quale acquisirebbe ufficialmente, tramite trattato di pace, oblasts che l’Ucraina ha sempre reputato come sue dal 1991.
E’ perciò molto difficile che si possa raggiungere un compromesso diplomatico in questo momento. Fino a che gli Stati Uniti e le altre nazioni occidentali non abbandoneranno qualsiasi aspirazione di continuare lo scontro indiretto con Mosca sostenendo l’Ucraina per tutto il tempo necessario, Kiev si sentirà con le spalle protette e continuerà fino a che tutte le terre non saranno restituite. Questo ci porta ad assumere che un altro modo per arrivare ad una pace sia un cambio di leadership.
SCENARIO IMPROBABILE
In questo caso si assisterebbe ad un cambio di regime in uno dei due paesi. In Russia porterebbe alla destituzione di Putin e di buona parte del suo entourage politico a favore di un governo di transizione e più incline a trovare una soluzione diplomatica. Se ciò accadesse le ostilità cesserebbero con il ritiro delle forze russe sulle posizioni pre-24 febbraio e l’inizio di accordi di pace tra le parti. Le sanzioni potrebbero essere revocate, all’Ucraina potrebbe venir riconosciuto il diritto di entrare nella NATO, mentre la Russia subirebbe un processo di “decolonizzazione”.
In Ucraina invece, la rimozione (per ora improbabile) di Zelenski potrebbe aprire la strada a due possibilità, nel primo caso il governo di Kiev potrebbe essere sostituito da gruppi di nazionalisti che vedrebbero nella continuazione della guerra a oltranza, dando l’opportunità a Mosca di usare tutto il suo arsenale bellico. Nel caso invece salisse al potere un governo più incline alla diplomazia, si giungerebbe ad un cessate il fuoco generale, iniziando la costruzione di un percorso diplomatico.
Tuttavia, entrambe gli scenari rimangono anch’essi improbabili. Sia Putin che Zelenski tengono ben saldo, nonostante alcuni malumori interni, le redini del comando. Putin ha avvicinato il personale militare di alto livello alla sua cerchia ristretta nel corso degli anni. In caso di colpo di stato tutti avrebbero da perdere quanto lui. Zelenski, fino a che la NATO e Washington continueranno a supportarlo, non dovrà temere nulla, ma rimarrà legato agli umori dell’amministrazione americana che potrebbe decidere di scaricarlo improvvisamente. Come infatti disse una volta lo stesso Kissinger: “Essere un nemico degli Stati Uniti è pericoloso, ma essere un amico è fatale”.
SCENARIO ARMAGEDDON
Infine, nonostante possa risultare anch’esso improbabile, se non folle, c’è da considerare il worst case scenario, vale a dire quello di una escalation militare che costringa la NATO a richiedere l’attivazione dell’articolo 5, trascinando così l’intera alleanza atlantica in un conflitto che non solo potrebbe allargarsi ulteriormente, coinvolgendo altri paesi come la Cina, ma si trasformerebbe in nucleare, con inimmaginabili conseguenze a livello economico, politico, militare e sociale.
L’Occidente ha già oltrepassato molte linee rosse più o meno autoimposte. Una volta era riluttante, ma ora fornisce all’Ucraina missili antiaerei a bassa quota Stinger e IRIS-T , artiglieria a razzo HIMARS e difese aeree ad alta quota Patriot . Ora gli Stati Uniti e la Germania hanno dichiarato che forniranno veicoli da combattimento per la fanteria assieme ai carri armarti Leopard e Abrams, mezzi che, dato il loro basso numero non imprimeranno una svolta nel conflitto, ma avranno il triste merito di prolungare la guerra e di aumentare il rischio di escalation.
Come il recente episodio al confine polacco dimostra, dove due missili si sono schiantati per sbaglio causando due morti durante un massiccio attacco russo alle centrali elettriche ucraine, il pericolo di un’escalation accidentale (o pianificata), che possa rapidamente evolversi in terza guerra mondiale, è sempre presente. Ecco perché il capo di stato maggiore americano Generale Mark Milley ha invitato le parti a riconoscere reciprocamente che “la vittoria nel senso proprio della parola probabilmente non è ottenibile con mezzi militari” e quindi è necessario guardare ad altri metodi.
Sotto questa lente e allo stato attuale delle cose è ancora difficile prevedere quali di questi possibili 5 scenari si realizzi. In generale è indubbio che la crisi ucraina stia esprimendo lo scontro di due forze che stanno cercando di plasmare l’ordine mondiale. Uno è l’affermazione di lunga data da parte degli Stati Uniti di “primato” o “egemonia” nei confronti di tutti gli altri stati, mentre l’altro è rappresentato da una crescente cooperazione tra Russia e Cina, espressione (a detta dei sostenitori) di un mondo multipolare che ha iniziato a prendere forma dopo la crisi finanziaria del 2008.
Per questo motivo la NATO continuerà a garantire che le forze ucraine mantengano il loro primato qualitativo nelle armi e l’accesso alle informazioni dell’intelligence, pena (in caso di sconfitta) una perdita d’immagine globale per tutta l’alleanza che si ritroverebbe indebolita La Russia invece sente di combattere una lotta esistenziale per la sua stessa sopravvivenza, ora trasformata come una seconda grande guerra patriottica contro un Occidente disposto a tutto pur di vincere.