DALLA LINEA MANNERHEIM AL MURO ANTI-MIGRANTI, PASSANDO PER LA NATO. COME LA FINLANDIA SI SCHERMA DALLA RUSSIA

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Fonte immagine: Details - The World Factbook (cia.gov)

La Finlandia ha da poco iniziato la costruzione di una recinzione di filo spinato sul suo confine per separarsi definitivamente dal suo secolare vicino, la Russia. In tale contesto, il contrasto ai flussi migratori incontrollati e il completamento dell’adesione alla NATO diventano senza dubbio i punti cardine dell’immediato futuro per il Paese.

Cenni storici 

Nel 1920, il “trattato di Juriev” (anche conosciuto come “trattato di Dorpat”) stabilì il confine tra Unione Sovietica e Finlandia ad una distanza a poco meno di 30 chilometri dalla ex capitale Leningrado, l’attuale San Pietroburgo. Quasi venti anni più tardi, nel novembre 1939, l’invasione sovietica del territorio finnico sancì l’inizio della “guerra d’inverno” e con essa una serie di rilevanti conseguenze politico-diplomatiche e militari. La più importante delle quali fu l’iniziale disfatta subita dall’Armata Rossa, uno smacco che contribuì alla nascita del mito finlandese della linea fortificata Mannerheim, sulla quale si infranse l’avanzata del nemico.

La risposta finlandese alla crisi ucraina 

Oggi, un nuovo “hard border” tra Finlandia e Federazione russa è in procinto di essere realizzato. Il Governo finlandese ha infatti deciso di erigere una recinzione di contenimento. Il progetto, annunciato già negli ultimi mesi, è ufficialmente iniziato e prevede un muro alto tre metri, cinto di filo spinato, provvisto di sistemi di sicurezza notturni con continui pattugliamenti da parte della Guardia di Frontiera (“Rajavartiolaitos”), coadiuvata da un massiccio ausilio di droni. La costruzione riguarderà circa 200 dei 1.340 chilometri di confine che la Finlandia condivide con la Russia (il più lungo di qualsiasi altro membro dell’Unione Europea) e sarà realizzata soprattutto nel sud-est del Paese, dove si verifica larga parte del traffico di frontiera. 

L’obiettivo dichiarato dalla stessa premier finlandese, Sanna Marin, è di permettere alle proprie forze di polizia un controllo dei confini “efficace e appropriato”, manifestando la necessità di essere preparati a “qualsiasi situazione di disturbo”. L’idea di fondo che accomuna la Finlandia con altri Paesi dell’UE, come i tre Paesi baltici e la Polonia, sembra avere una duplice matrice. 

In primo luogo, vi è una forte preoccupazione che Russia e Bielorussia possano porre in essere politiche strumentali in materia di migrazione. In particolare, il vero timore è che esse permettano, o addirittura spingano, ingenti flussi di migranti ad attraversare illegalmente i propri confini. La difficile gestione della pressione migratoria ha già pesantemente influenzato l’opinione pubblica finlandese (e quella degli altri Paesi UE) in passato. Tale incapacità è stata motivo di destabilizzazione interna, aspetto da non sottovalutare ad un anno dallo scoppio delle ostilità in Ucraina, in un contesto economico di bassa crescita ed alta inflazione.

In secondo luogo, la messa in sicurezza dei propri confini da parte della Finlandia deve fare i conti con le intenzioni russe di aumentare in loco la propria capacità militare. Il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, ha dichiarato come, alla luce della possibile espansione della NATO a Svezia e Finlandia, sia necessario “adottare misure di ritorsione e creare un adeguato raggruppamento di soldati nel nord-ovest della Russia”, non fornendo tuttavia alcun dato specifico sul possibile ammontare di militari da dispiegare. Se quanto asserito fosse confermato, una barriera fisica, a maggior ragione se costantemente pattugliata, fungerebbe da controllo effettivo anche per eventuali spostamenti di truppe al confine. 

Tuttavia, l’ultimazione finale del progetto è prevista per il biennio 2025-2026.  

E nell’immediato futuro?

L’attuale posizione governativa dimostra come la Finlandia si stia preparando a rispondere ad “attività di influenza ibrida”, sia nel breve che nel lungo termine. Queste ultime consistono in una serie di manovre poste in essere da Stati terzi, che includono mezzi politico-diplomatici, economici e militari, nonché la diffusione deliberata di fake news e attacchi alla cyber sicurezza delle infrastrutture del Paese.

In una recente nota del Ministero dell’Interno finlandese si fa esplicito riferimento ad un “cambiamento nella politica estera e di sicurezza”, attraverso una revisione del piano atto a valutare il rischio nazionale. Fra i diversi scenari di minacce e perturbazioni che si stima possano avere un impatto sulle “funzioni vitali della società” e sull’ambiente operativo dello Stato, si annoverano, dunque, sia un possibile proseguimento della guerra in Ucraina, sia attività di influenza ibrida.

In questo difficile contesto, il Parlamento finlandese ha approvato a larga maggioranza la legislazione che consentirebbe al Paese di aderire alla NATO. Ciò pone, ancora una volta, al centro del dibattito le difficili ratifiche di Ungheria e Turchia, unici due Paesi membri dell’Alleanza a non avere ancora ratificato la richiesta di adesione di Finlandia e Svezia. 

Mentre il primo ministro dell’Ungheria, Viktor Orbán, ha condannato i due Paesi nordici per la loro posizione critica nei confronti della situazione dello stato di diritto in Ungheria, il suo Rappresentante Permanente presso la NATO, nonché Ministro di Stato per la Politica di Sicurezza, Péter Sztáray, ha invitato i parlamentari del proprio Paese a sostenerne l’ingresso il prima possibile. 

Dal canto suo, il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, forte della firma del “Trilateral Memorandum” con Finlandia e Svezia, sta rallentando l’iter di adesione perché insoddisfatto delle misure poste in essere dal governo svedese di Ulf Kristersson nei confronti della minoranza curda presente nel Paese, colpevole per i turchi di ospitare al proprio interno membri del PKK. 

Tuttavia, entrambi i nodi non paiono essere indistricabili. È quindi ipotizzabile un’azione autonoma della Finlandia, che potrebbe abbandonare il progetto di adesione comune con lo storico alleato svedese, anche in considerazione delle recenti dichiarazioni del ministro degli Esteri di Helsinki, Pekka Haavisto. 

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