Mentre nei due paesi si scava e si spera ancora, la tragedia è stata occasione per riaprire i contatti fra Ankara e Yerevan, il governo Armeno ha infatti dichiarato che sta fornendo assistenza umanitaria alla Turchia e alla Siria attraverso l’invio di viveri, medicine e squadre di soccorso. Emblematicamente, il valico utilizzato per il passaggio degli aiuti umanitari fu aperto nel lontano 1988, per consentire alla Turchia di inviare aiuti all’Armenia in seguito ad un terribile terremoto che aveva colpito il paese transcaucasico causando almeno 25 mila morti.
Proprio le conseguenze del terremoto sono state al centro della conversazione telefonica tra il Primo Ministro Armeno Pashinyan ed il Presidente Turco Erdoğan, cui è seguito l’invio, concordato, degli aiuti umanitari da parte di Yerevan.
I due paesi si trovano in un delicato processo di normalizzazione delle relazioni a seguito della guerra del 2020 per il controllo della regione caucasica del Nagorno-Karabakh, combattuta fra Armenia e Azerbaigian. Proprio in quel conflitto Ankara ha fornito un supporto prezioso a Baku, permettendole di uscirne vincitore a seguito di 44 giorni di combattimenti.
Il processo ha subito un brusco rallentamento a seguito del riacutizzarsi del confitto nel settembre 2022 ed attualmente a causa del blocco che perdura dal dicembre 2022 del corridoio di Lachin, da parte di manifestanti ambientalisti Azeri, che accusano la popolazione di origine etnica Armena che vive nella regione del Nagorno-Karabakh di danneggiare l’ambiente attraverso attività estrattive nell’area.
Ad inizio anno tuttavia la Turchia ha ristabilito il trasporto aereo diretto di merci verso l’Armenia, e l’iniziativa di Yerevan di sostenere il paese Anatolico in questo frangente delicato ha incontrato il plauso del Presidente Turco, aggiungendo un tassello al lungo percorso di normalizzazione.
Durante la loro conversazione telefonica infatti Erdoğan ha ringraziato Pashinyan per la solidarietà mostrata ed aggiunto che il governo turco apprezza molto il sostegno dell’Armenia, sottolineando tale passo anche dal punto di vista dell’ulteriore approfondimento del dialogo tra i due paesi. Parole sostanzialmente ripetute al livello dei Ministri degli Esteri dei due paesi in occasione di una storica visita ufficiale del Ministro Armeno Mirzoyan ad Ankara il 15 febbraio. Durante la conferenza stampa congiunta il Ministro degli Esteri Turco Çavuşoğlu ha affermato che: “il processo di normalizzazione nella regione del Caucaso meridionale è in corso. Riteniamo che la nostra cooperazione in campo umanitario sosterrà questo processo”. Apertura accolta da Mirzoyan che ha poi aggiunto che: “essendo in Turchia in questo momento difficile, vorrei ribadire ancora una volta la disponibilità e la volontà della Repubblica di Armenia a costruire la pace nella regione e, in particolare, a normalizzare completamente le relazioni con la Turchia, stabilire relazioni diplomatiche e aprire completamente il confine tra l’Armenia e la Turchia”.
L’Armenia, sconfitta sul campo di battaglia nel 2020 dall’Azerbaigian, intende far leva sulle opportunità offerte dalla cooperazione in campo umanitario per segnalare alle potenze occidentali la propria disponibilità a proseguire il processo di normalizzazione con la Turchia, che è il più stretto alleato di Baku. Yerevan, ritenendo di non essere stata adeguatamente supportata da Mosca, suo storico alleato, sia durante la guerra del 2020, che in occasione della recente crisi del corridoio di Lachin, cerca la sponda occidentale per ottenere una riconciliazione accettabile con la Turchia, ed al contempo limitare le mire di Baku sulla parte di Nagorno-Karabakh ancora abitata da etnici Armeni.
A proposito delle potenze occidentali, negli ultimi mesi l’Unione Europea si è inserita negli spazi vuoti lasciati dalla Federazione Russa nella regione: su richiesta di Yerevan, “i 27”, hanno approvato il dispiegamento di una missione civile (EUMA) di monitoraggio in Armenia per contribuire alla stabilità nelle zone di confine con l’Azerbaigian. La missione civile condurrà pattugliamenti di routine e riferirà sulla situazione, con un mandato biennale. Nei prossimi giorni è atteso l’inizio delle operazioni, già osteggiate verbalmente da Mosca che considera la missione dell’UE un “tentativo di trascinare l’Unione Europea nella regione”, mentre “i peacekeepers russi garantiscono la tranquillità nel Nagorno-Karabakh”. Anche in Azerbaigian non hanno accolto con entusiasmo il dispiegamento della missione, che rappresenta un freno agli interessi di Baku nella regione.
Più recentemente il Comitato per gli Affari Esteri del Parlamento Europeo ha preparato un nuovo rapporto che esamina le relazioni dell’UE con l’Armenia, il rapporto condanna l’attacco militare Azero in Armenia del settembre 2022, invita l’Azerbaigian a ritirare le proprie truppe dal territorio dell’Armenia, sottolinea che qualsiasi trattato di pace deve includere l’integrità territoriale dell’Armenia, i diritti e la sicurezza della popolazione Armena del Nagorno-Karabakh e il ritorno dei rifugiati e degli sfollati interni alle loro case.
Questi ultimi sviluppi sono una boccata d’ossigeno per l’Armenia che ottiene un sostegno significativo, a parole e nei fatti, dall’UE. Ciò inoltre facilita Yerevan nella sua complessa ricerca di un nuovo partner principale e nel suo tentativo di giungere ad una normalizzazione delle relazioni con Ankara per ridisegnare gli equilibri nella regione transcaucasica in termini a sé meno sfavorevoli.