L’ambasciata USA alle Isole Salomone è riaperta

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Fonte Immagine: https://pina.com.fj/2023/02/02/u-s-opens-embassy-in-solomon-islands-blinken-says/

Dopo 30 anni gli Stati Uniti hanno deciso di riaprire la propria ambasciata alle Isole Salomone per contrastare i movimenti diplomatici cinesi nel Pacifico meridionale. Il loro impegno in questa zona geografica è più importante di altri scenari geopolitici. Una lotta diplomatica senza fine sta rapidamente riemergendo.

Movimenti diplomatici nel Pacifico meridionale

Le zone d’influenza del Pacifico meridionale sono divise in 3 piccole aree:

  • la Micronesia che include gli Stati Federati di Micronesia, Kiribati, le Isole Marshall, i territori statunitensi di Guam, Nauru, le Isole Marianne Settentrionali e Palau, qui gli Stati Uniti sono il paese principale;
  • la Polinesia che include Samoa, Tuvalu, Niue, Tonga, Polinesia francese e le Isole Cook, qui il partner principale è la Nuova Zelanda;
  • la Melanesia che include Papua Nuova Guinea, Isole Salomone, Nuova Caledonia, Fiji e Vanuatu; qui l’Australia ha la priorità.

Il principale modo per Stati Uniti, Nuova Zelanda e Australia di mantenere un forte legame con i paesi sopraelencati è l’impegno economico, diplomatico e finanziario, che ha lo scopo di contrastare l’influenza cinese. Come ha detto Mike Pompeo nel 2018, gli Stati Uniti saranno promotori di nuove partnership, pace, libertà, investimenti e così via, per rafforzare le relazioni internazionali con questa area geografica. In questo contesto è da considerare la riapertura dell’ambasciata statunitense dopo la chiusura del 1993.

Anche se questa regione non è al centro del confronto tra un potere che vuole mantenere lo status di autorità mondiale (gli USA) e un attore internazionale revisionista/emergente (la Cina), ogni angolo del pianeta diventa motivo di scontro nel tentativo di piantare la bandiera in anticipo rispetto ai competitor. È in questo quadro che va visto il patto di sicurezza firmato nel 2022 tra le Isole Salomone e la Cina, patto che consente a Pechino di avere un piede nel Pacifico meridionale, e per questo motivo gli Stati Uniti e l’Australia hanno espresso la loro preoccupazione.

Alcune delle ragioni più importanti sono: l’eventuale controllo del cosiddetto “collo di bottiglia” ovvero lo Stretto di Torres tra Papua Nuova Guinea e Australia, una delle 5 rotte strategiche (gli altri sono Sunda, Malacca, Makassar e lo Stretto di Lombok); l’erosione dell’influenza dell’Australia (investimenti, infrastrutture, nuovi hub diplomatici); la probabilità di stabilire una base militare cinese in futuro (sembra che questo al momento non faccia parte dell’accordo). Inoltre, si vocifera che una base militare cinese potrebbe essere costruita a Vanuatu e potrebbe essere in costruzione anche un porto marittimo a Daru (in Papua Nuova Guinea, in prossimità dello stretto di Torres). Infine, la Cina ha lavorato attraverso il soft power tentando di accrescere la propria influenza, fornendo aiuti e attrezzature a Tonga dopo lo tsunami del 2022 e le agitazioni di dicembre.

Conclusione

Una nuova era è già iniziata e, come nel gioco degli scacchi, chi si muove per primo può ottenere un grande vantaggio, ma chi riesce a prevedere i movimenti dell’avversario con maggior anticipo guida il gioco. Taiwan è intoccabile e non è più il tempo del colonialismo attraverso le invasioni via mare o via terra. Ora è il momento di promettere la costruzione di città, porti, di aumentare il livello del benessere, di migliorare la sicurezza ed in generale di spendere denaro in cambio di partnership come lotta strategica in quella zona geografica. Tutti devono rimanere sull’attenti perché ogni mossa implica un nuovo equilibrio geostrategico. Ecco perché il cosiddetto “Pivot to Asia” intende affrontare l’emergere della Cina come partner principale della zona. La settima flotta degli Stati Uniti è la più grande, con base in Giappone e proiezione verso il Pacifico.

La prova del maggiore impegno degli Stati Uniti nella zona è una maggiore attenzione a questa area se confrontata con i piani strategici per l’Atlantico. L’est del mondo sta rapidamente tornando di nuovo un grande centro economico, come già era stato in passato. La cosiddetta Nuova via della Seta ne è la prova, come anche il fatto che la Cina sia il primo produttore di hardware al mondo, una nazione fortemente energivora dalla quale arrivano la maggior parte dei device che si utilizzano quotidianamente.

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