IL FUTURO DELL’UE E I TALENTI “MANCATI”

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La disparità territoriale delle regioni europee consiste anche nella mancanza di trattenere talenti che potrebbero traghettare i territori più svantaggiati verso uno sviluppo coeso e più solido. La trappola dei talenti esiste e l’Ue cerca di affrontarla.

Il tema della disparità territoriale non è nuovo nel panorama europeo. Lo sviluppo armonioso dei vari territori e la riduzione significativa del loro divario economico, sociale e giuridico, sono tra gli obiettivi principali perseguiti dall’Ue. In un certo senso, è stata la ragione principale per cui sono state elaborate e poi attuate politiche di investimento mirate che hanno permesso a molte regioni europee di allinearsi alle regioni più avanzate. La politica di coesione è infatti la principale politica di investimento che si occupa, tra l’altro, di «sostenere la crescita economica, la creazione di posti di lavoro, la competitività delle imprese, lo sviluppo sostenibile e la protezione dell’ambiente».

Purtroppo in diverse zone d’Europa, persistono problemi legati allo sviluppo economico e sociale che comportano un arretramento significativo in termini di innovazione e progresso. Questi problemi sono spesso la causa della transizione demografica di intere generazioni verso luoghi attrattivi non solo a livello climatico ma spesso e soprattutto a livello di opportunità economiche e sociali. Il fenomeno della transizione demografica è influenzato da diversi fattori come le scarse opportunità di lavoro e di formazione scolastica avanzata, le condizioni di lavoro e i salari, l’invecchiamento della popolazione e la mancanza di pari opportunità nell’ambito economico e sociale.

Bruxelles si è resa conto che questo fenomeno è sempre più presente in alcuni territori europei e che in un’ottica di essere “uniti nella diversità”, sta comportando dei rallentamenti allo sviluppo di tutta l’Ue. In occasione dell’Anno europeo delle competenze e sfruttando l’occasione dell’inaugurazione della nuova programmazione, la Commissione europea ha pubblicato una nuova comunicazione sull’utilizzo dei talenti, intesi come forza lavoro con altissime potenzialità e capacità che costituisce un fattore prezioso nei territori più svantaggiati per il loro sviluppo.

«L’Europa ha talento. Ma i talenti devono essere coltivati, soprattutto in considerazione del fatto che l’UE sta attraversando un’importante transizione demografica», è quanto scrive la Commissione varando il “meccanismo di incentivazione dei talenti” che aiuterà le regioni europee più svantaggiate a rendersi attrattive formando e attraendo «le persone, le capacità e le competenze necessarie per contrastare gli effetti della transizione demografica».

Tra le cause principali della transizione demografica, il basso livello di istruzione e di opportunità nell’ambito della formazione scolastica e lavorativa. Secondo quanto riportato nella comunicazione, alcune regioni europee hanno una quota significativamente inferiore di persone che possiedono un diploma di laurea e si stima che gli young adult, di età compresa tra i 20 e i 24 anni, hanno meno probabilità di iscriversi all’istruzione terziaria. Inoltre, il divario tra la popolazione relativamente anziana che si avvia al pensionamento e quella più giovane con livelli di istruzione terziaria sta sempre di più aumentando e ciò comporta il rischio per questi territori di affrontare la cosiddetta “trappola dello sviluppo di talenti”.

Secondo quanto riportato nella comunicazione, esistono due categorie di regioni distinte che corrono questo rischio. Il primo gruppo comprende ben 46 regioni che stanno già affrontando questo fenomeno e che, nel totale, rappresentano il 16% della popolazione dell’Ue. Il secondo gruppo, invece, è costituito da 36 regioni “a rischio”: questi territori non stanno affrontando la “trappola dello sviluppo di talenti” ma sono territori che sono stati gravemente colpiti dall’emigrazione di giovani in età compresa tra i 15 e i 39 anni e che rischiano di avere un insufficiente sviluppo di competenze tale da farli regredire economicamente e socialmente.

Questi territori non presentano solamente delle carenze di formazione ma soprattutto carenze strutturali specifiche anche a livello di istituzioni e di governance pubblica. La capacità amministrativa e istituzionale è pressoché inefficiente e, come riportato in un parere del COR, sebbene ci sia stata una notevole riduzione del divario netto presente tra Stati membri in termini di qualità della pubblica amministrazione, molti territori dimostrano di avere ancora un’insufficiente capacità di adeguarsi alle innovazioni e agli sviluppi avanzati dalle regioni più evolute. Tutto ciò comporta strascichi e rallentamenti a tutto il sistema dell’Ue.

Al fine di evitare che tutto questo possa accadere, la Commissione ha pensato per questi territori di implementare il “meccanismo di incentivazione dei talenti” che si svilupperà in base a ben 8 pilastri riguardanti iniziative, progetti pilota, nuovi strumenti di sostegno e lo scambio e la diffusione di buone pratiche. Alcuni di questi saranno attuati già da quest’anno come ad esempio l’iniziativa dell’ “Adattamento intelligente delle regioni alla transizione demografica”, un invito alle regioni svantaggiate a presentare proposte e ad esprimere le loro esigenze per evitare il calo e la stagnazione dei talenti.

Come accennato inizialmente, il tema della disparità territoriale non è nuovo nell’ambito delle politiche europee. Anzi, può considerarsi come uno dei primi elementi su cui è stata costruita l’attuale Unione Europea. Questo per confermare che esistono già strumenti e politiche che sostengono lo sviluppo delle competenze per i territori in difficoltà. Non solo la politica di coesione, le azioni del FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) o l’iniziativa urbana europea, ma anche altre iniziative come quella lanciata nell’ottobre 2022 per i talenti deep tech che mira alla creazione di un solido pool di talenti nel settore del deep tech in tutti gli Stati membri dell’UE.

Affrontare i cambiamenti demografici costituisce una sfida importante del mondo contemporaneo «per costruire una società più equa e più resiliente», in grado di fronteggiare anche altre problematiche soprattutto legate all’evoluzione dei territori più svantaggiati.

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