Con le sanzioni che l’Unione Europea ha imposto alla Russia, il greggio artico finirà verso Cina e India. Tutto sommato la Russia non registrerà grandi perdite.
Il petrolio che la Russia produce nell’Artico sembra essere destinato verso la rotta asiatica. Non ci sono mezzi termini ormai: le sanzioni dell’Unione Europea hanno fatto terra bruciata e per quanto la Russia si sforzi a garantire la produzione, per il momento i porti di maggior afflusso saranno quelli di Cina e India, con grande vantaggio di quest’ultime.
Tre grandi petroliere stanno compiendo questo viaggio verso la Cina con partenza da Murmansk; altre sei sono partite a dicembre 2022 verso l’India e per tutto il 2023 si prevede un grande giro d’affari legati al petrolio tra Russia e i due giganti asiatici. La rotta sarà quella del Mare del Nord, laddove i ghiacciai, seppur inspessiti dal freddo di questi giorni, non sembrano poter raggiungere i livelli storici di una volta; meno ghiacciai significa meno ostacoli alla navigazione e più possibilità di ottimizzare gli affari.
Dal punto di vista europeo, l’obiettivo è stato raggiunto. Se si pensa che uno degli obiettivi strategici di Mosca era ed è quello di ottenere la leadership energetica, con particolare attenzione alle rotte artiche, è facile dedurre che l’intento di Bruxelles di mettere i bastoni tra le ruote ai russi, seppur a scopo di deterrenza, è stato decisamente raggiunto.
Il 5 dicembre 2022 è stato predisposto l’ultimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, che tra le altre cose prevede il divieto d’importazione di petrolio via mare. Tutto questo in una Unione Europea dove però, resta ancora il nodo da sciogliere sulle forniture alternative al petrolio e al gas russo, perché prima del conflitto russo-ucraino, i paesi europei dipendevano davvero molto da Mosca. Mosca che però pare non si sia persa d’animo, intensificando gli accordi energetici con i paesi asiatici, in particolare Cina e India che fanno registrare livelli di crescita enormi e che per questo, hanno sempre bisogno di rifornimenti energetici.
L’Europa sembra momentaneamente fuori dal discorso e per il momento resta da capire quali saranno le prossime mosse. Nel frattempo, il vero colpo è rappresentato dall’India che rappresenta un acquirente di tutto rispetto, specie per il manifestato interesse di accaparrarsi un bel po’ di greggio artico che la Russia esporta dal terminal di Umba, poco distante da Murmansk. Questo per la Russia è molto importante perché nonostante il contraccolpo, il paese non ha dovuto minimamente modificare la propria produzione, anzi, a quanto risulta, le sanzioni europee non hanno avuto alcun impatto sul volume di petrolio prodotto. La Russia esportava 275.000 barili di greggio al giorno attraverso Umba. Con le sanzioni cambierà solo la destinazione finale.
L’altra novità, annunciata per darne un certo risalto, è rappresentata dall’utilizzo della rotta artica del Passaggio a Nord-Est per il trasporto del greggio. Le imbarcazioni partono da Murmansk e sono dirette a Qingdao in Cina, in un viaggio lungo circa 45 giorni, accorciando di molto i tempi di percorrenza rispetto ad altre rotte. In realtà il passaggio viene utilizzato ormai da molti anni, ma è il suo utilizzo in maniera sempre più sistematica la vera novità.
La guerra e le sanzioni infatti non hanno fermato la navigazione lungo questa rotta, caratterizzata da un aumento imponente del traffico marittimo. Nel 2022 c’è stato un aumento di circa 34 tonnellate, e con la costruzione di nuove aree di estrazione il traffico è destinato all’aumento. La Russia infatti utilizza quella rotta già da molto tempo, seppur per alcuni tratti specifici e maggiormente in alcuni periodi dell’anno. Il traffico è quasi esclusivamente rappresentato da petroliere in quanto le compagnie di navigazione evitano la rotta dallo scoppio della guerra. Il Passaggio a Nord-Est permette di ridurre tempi e costi, ma questi sono comunque più elevati di quelli necessari al trasporto del greggio in Europa. Un costo maggiorato che la Russia ammortizzerà ritoccando i costi di spedizione che dovranno sostenere India e Cina.
A dimostrazione del fatto che la Russia faccia sul serio, c’è la prospettiva di 100 nuove navi petroliere di cui il paese si doterà nei prossimi anni, allo scopo di soddisfare il fabbisogno degli acquirenti ed aggirare le conseguenze delle sanzioni europee. Questo perché si prevede che anche il fabbisogno dei due paesi asiatici tenderà a crescere e sarà da soddisfare quello, oltre al fabbisogno interno. Cina e Russia infatti, cooperano da anni su molti fronti, non solo su quello politico-strategico. Vien da sé che la Cina sia diventata nel solo 2022 il principale acquirente del petrolio russo, con un incremento del 50% del petrolio e una consistente porzione del GNL, che rende la Cina, il più grande importatore del gas russo.
In sostanza, resta da capire il valore delle sanzioni europee e a quali conseguenze hanno portato. In poche parole, la Russia sembra non solo aver retto bene, ma sembra addirittura di essere riuscita a trarre vantaggio dal cambiamento forzato di rotta verso l’Asia. Se i player europei riusciranno a consolidare le alternative individuate nei paesi del Medio Oriente e del Maghreb per la fornitura di greggio e riusciranno ad ottenere accordi saldi e duraturi, si potrebbe parlare di una situazione che non ha generato particolari problemi, se non ai consumatori dei singoli stati, che pagano le conseguenze del conflitto e delle sanzioni sottoforma di rincari. Ma almeno per ora, pare che ancora una volta la Russia stia dimostrando di poter fare la voce grossa nonostante tutto.