In attesa dei nuovi documenti programmatici, le azioni del governo di Tokyo lasciano già presagire alcune caratteristiche chiave della difesa giapponese del prossimo futuro.
Il governo guidato da Fumio Kishida si è impegnato fin da subito nel rafforzamento delle capacità difensive giapponesi, nonostante questo rappresenti una grande sfida politica e sociale non solo a causa della clausola pacifista dell’Art. 9 della Costituzione, ma anche a causa di un pacifismo molto radicato e diffuso sul piano sociale.
Ciononostante, le necessità strategiche richiedono al Giappone di superare almeno in parte questa paralisi e di programmare la propria strategia difensiva per le nuove sfide imposte dall’ambiente strategico dell’Indo-Pacifico. In attesa di vedere quali saranno i contenuti nella nuova strategia di sicurezza nazionale, in arrivo nei prossimi mesi, è chiaro però che gli elementi principali saranno un decisivo aumento della spesa e l’ottenimento di capacità missilistiche di contrattacco.
È proprio quest’ultimo aspetto a rappresentare il fulcro del dibattito politico sul tema: il Partito Liberal-democratico al governo ritiene che l’acquisizione di queste capacità, in grado di aumentare lo spazio geografico di intervento, sia necessaria per la sicurezza nazionale, mentre gli alleati del Komeito (partito centrista moderato, di ispirazione buddhista) sono su posizioni più pacifiste e preferirebbero che le Forze di Autodifesa mantenessero uno spazio di intervento il più ridotto possibile. È facile però prevedere che prevalga la linea del PLD non solo per una questione di peso politico, ma anche per l’aumento della percezione dei pericoli relativi alla sicurezza nazionale.
Sul piano delle acquisizioni, il governo di Tokyo sta prendendo seriamente in considerazione l’acquisizione dagli Stati Uniti di 500 missili da crociera Tomahawk, da completare entro il 2027. Tale sistema d’arma permetterebbe al Giappone di estendere notevolmente il proprio raggio d’azione e potrebbe rappresentare il perno della strategia di contrattacco missilistico ipotizzata dal Governo.
La questione è stata già discussa tra Biden e Kishida durante il recente incontro in Cambogia e potrebbe diventare una possibilità più concreta già durante la visita di Kishida negli Stati Uniti, prevista da alcune fonti per il mese di gennaio. Biden ha già segnalato una buona predisposizione a tale accordo, nonostante Washington sia sempre stata restia a vendere questo tipo di assetto anche a Paesi alleati.
Nonostante questi ambiziosi programmi continua però a pendere una vera e propria spada di Damocle sul futuro del governo Kishida, rappresentata dalla sopravvivenza politica del primo ministro. Il vortice di scandali e dimissioni innescato dall’omicidio di Abe, che ha svelato le intime connessioni dell’establishment del PLD con la Chiesa dell’Unificazione, sta mettendo a dura prova la tenuta del governo.
L’assenza di elezioni cruciali fino al 2025 avrebbe dovuto garantire un grande margine di manovra per il Primo ministro, ma molte delle energie saranno invece spese per difendere se stesso e il suo governo dal possibile fuoco amico interno al partito, innescato dai sondaggi sui consensi sempre più bassi. Scenario che si profila quantomeno complicato per Kishida, che per finanziare la revisione strategica del Paese dovrà necessariamente rivedere al rialzo alcune imposte, con tutto ciò che ne conseguirà in termini di consenso.