Generalmente non viene rivelata la capacità delle riserve petrolifere cinesi, ma si stima che essa si aggiri intorno al miliardo di barili. Non c’è solo il petrolio, però: ad esso, si aggiungono anche i metalli e le criptovalute.
La Repubblica Cinese è in trattativa con la Federazione Russa per acquistare greggio a basso costo. Nonostante l’invasione russa in Ucraina abbia fatto schizzare i prezzi del petrolio, la Russia sta vendendo il proprio greggio con un forte sconto per compensare il rischio corso dagli acquirenti di violare le sanzioni internazionali. Il costo vantaggioso dei barili russi viene visto da Pechino (perché la Cina è la maggiore importatrice di petrolio greggio) come un’opportunità per aumentare le proprie riserve senza spendere troppo.
Da quando il governo di Mosca ha dato inizio all’invasione dell’Ucraina, le raffinerie cinesi hanno importato greggio russo, anche se la rigidissima politica di contenimento dei contagi di coronavirus ha abbattuto la domanda petrolifera interna. Ad aprile, la domanda petrolifera interna è scesa del 6,7 per cento su base annua. La situazione in Cina, in virtù del suo ruolo di grande acquirente di barili, ha arrestato la crescita del prezzo del petrolio sui mercati internazionali, anche se quest’anno, finora, il valore del Brent (il benchmark principale) è risultato essere del 40 per cento più alto rispetto al 2021.
Si stima che la capacità di riserva petrolifera della Repubblica Popolare cinese si aggiri intorno al miliardo di barili. Non c’è solo il petrolio, però: ad esso, si aggiungono anche i metalli e le criptovalute.
Infatti, la Cina è uno dei maggiori importatori al mondo di metalli industriali, ma non solo: quello dei metalli industriali è il settore delle materie prime più condizionato dalla Cina, che ha sofferto maggiormente durante questi due anni di pandemia. Infine, c’è il mercato delle criptovalute. Il mercato del mining di criptovalute sta riuscendo ad aggirare le restrizioni imposte dal governo di Pechino, arrivando a totalizzare numeri importanti. Infatti, dal settembre del 2021, la Cina è tornata al secondo posto nella classifica mondiale dopo gli Stati Uniti, superando il crollo registrato negli