Israele e Iran continuano ad accusarsi a vicenda. Si tratta di una retorica altamente aggressiva, volta a vicendevole delegittimazione.
Chilometri di costa israeliana sono stati invasi dal petrolio, probabilmente fuoriuscito da una petroliera, e ha provocato ciò che è stato definito il peggior disastro ambientale degli ultimi decenni. L’estensione del danno è tale da aver raggiunto, anche, le coste libanesi.
E mentre si sa ancora poco sui responsabili e le cause della fuoriuscita, le autorità israeliane accusano l’Iran di “terrorismo ambientale”, poiché identificano Teheran come l’artefice dell’accaduto, pur senza prove evidenti. Al di là degli ingenti danni ambientali, è interessante procedere con considerazioni geopolitiche.
Non è il primo incidente di questo tipo che si verifica nell’ultimo periodo. Una decina di giorni fa, Israele ha nuovamente accusato l’Iran di aver attaccato una nave israeliana nel Golfo dell’Oman. Ma, secondo Netanyahu è “chiaro atto da parte iraniana” in quanto l’Iran “è il più grande nemico di Israele”. Neanche questo genere di accuse costituisce una novità.
Ora, con l’amministrazione di Biden e la sua intenzione di ritornare all’accordo sul nucleare, pur con tutte le difficoltà del caso, Tel Aviv sta cercando di ostacolare questo processo perché porrebbe fine all’isolamento iraniano nel sistema internazionale. Israele ha mandato dei chiari segnali: se necessario, sono già pronti i piani operativi per attaccare i siti nucleari iraniani, in base a quanto detto da Aviv Kochavi, Capo di stato maggiore delle Forze di difesa israeliane.
Potrebbe essere la minaccia di una nuova guerra tra Israele ed Iran?
Questo genere di minacce sono parte della retorica altamente aggressiva utilizzata da entrambi gli Stati, strumenti di deterrenza nei confronti di ciò che ognuno percepisce come una minaccia esistenziale. Una guerra ti tipo convenzionale è altamente improbabile. L’Iran è schiacciato dalle sanzioni statunitensi, molto debole economicamente e non avrebbe le risorse per sostenere una guerra, ancor meno nel mezzo di una pandemia che ha colpito duramente la popolazione iraniana.
Israele, nonostante la retorica, è avverso a lanciare attacchi militari, anche perché è ben consapevole del rischio di provocare la reazione delle molteplici milizie pro-iraniane sparse in vari territori, che potrebbero avviare una guerra a bassa intensità, più letale e distruttiva sul lungo termine. La guerra del 2006 tra Hezbollah e le forze israeliane è esemplificativo di ciò.
Sarebbero più probabili, invece, attacchi cibernetici, come Stuxnet, l’ingente attacco cyber utilizzato per rallentare il programma nucleare iraniano o come gli attacchi della scorsa estate, uno di questi contro l’impianto nucleare di Natanz.
E se non si riuscisse a negoziare un nuovo accordo tra Stati Uniti e Iran e se i sostenitori della linea dura iraniani dovessero vincere le elezioni presidenziali di giugno, attacchi del genere sarebbero sempre più frequenti.