Biden ha più volte ribadito la volontà di ritornare al JCPOA. Avvicinarsi all’Iran permette di contenere un attore molto più attivo a livello regionale: la Turchia.
Sollevamento delle sanzioni o stop a ispezioni da parte dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica.
Questo è l’aut-aut imposto dal parlamento della Repubblica Islamica, che con una legge, approvata a seguito dell’uccisione dell’importante scienziato Mohsen Fakhrizadeh, stabiliva l’espulsione degli ispettori dell’Agenzia a partire dal 23 febbraio 2021.
Ma l’abile attività diplomatica svolta dall’AIEA ha fatto sì che si raggiungesse un accordo: l’Iran continuerà a rispettare il Safeguard Agreement senza limitazioni e l’Agenzia continuerà la sua necessaria attività di ispezione. L’accordo, che è un’intesa tecnica temporanea tra le due parti, non consente, però, ispezioni a sorpresa dal momento che non sono state ancora revocate le sanzioni statunitensi sulla Repubblica islamica.
Il reinserimento delle sanzioni economiche ha avuto un forte impatto: dal 2018, il Pil iraniano è diminuito dell’11%,l’esportazione petrolifera è crollata e la valuta ha perso due terzi del suo valore. A questo disastroso quadro economico, si inserisce la pandemia e le sue implicazioni socio-economcihe.
Il tema del nucleare è nuovamente al centro della distensione nei rapporti tra Washington e Teheran.
L’amministrazione Biden, dopo l’abbandono unilaterale da parte di Trump nel 2018, ha espresso più volte la volontà di ritornare al JPCOA, ma il ritorno al tavolo dei negoziati non né immediato né semplice.
Secondo il ministro degli esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, Biden ha respinto la “massima pressione” trumpiana, che si è rivelata un “massimo fallimento”, ma non nella realtà dei fatti, dal momento che il primo, e unico, punto di partenza per riavviare l’accordo sul nucleare è il sollevamento delle sanzioni. Al contrario, per gli Stati Uniti la condizione preliminare affinché ciò avvenga è che l’Iran ritorni al pieno rispetto degli obblighi dell’accordo. Entrambi i Paesi non vogliono cedere poiché mirano ad arrivare al tavolo dei negoziati in una posizione di forza in modo da poter strappare condizioni più favorevoli per l’una o l’altra parte.
L’apertura della nuova amministrazione degli Stati Uniti verso il “brutale regime” iraniano ha ragioni geopolitiche.
L’Iran è debole economicamente, isolato nel sistema regionale, e, al momento, rappresenta una minaccia minore rispetto a quella rappresentata dalla Turchia. Ankara, al contrario, è in forte ascesa e cerca di accrescere la sua influenza nello scacchiere mediorientale, imponendo il suo ruolo in tutti gli scenari significativi.
Ecco che gli Stati Uniti di Biden hanno cambiato strategia: avvicinarsi all’Iran per contenere la Turchia, pura balance of power.