Accanto alle nuove cariche istituzionali libiche e al, probabile, nuovo governo di transizione, bisogna analizzare a fondo le dinamiche ONU e i nuovi designati per la Missione USMIL.
Un nuovo Premier, un nuovo Presidente, forse anche un nuovo governo, entro la fine del mese: questo il nuovo assetto libico. Ma, alle novità interne, vanno sommate quelle esterne più dirette, che riguardano specificamente le nuove nomine della Missione di Sostegno ONU in Libia (USMIL).
Il 18 gennaio di quest’anno, infatti, Ján Kubiš, slovacco, è stato designato Capo dell’UNSMIL, andando a ricoprire la carica che, fino all’anno scorso, era stata rivestita da Ghassan Salamé, dimissionario, sostituito a sua volta dalla vice, Stephanie Williams, che ha condotto l’importante e delicatissima ricucitura delle due fazioni libiche, fino alla nascita del forum libico di dialogo politico (LPDF).
La nomina di Kubiš arriva in un momento molto delicato, ovvero la nascita di un nuovo governo di transizione. Egli ha assunto pienamente le sue funzioni di carica l’8 febbraio, proprio successivamente il voto dell’LPDF per l’elezione del nuovo Premier e del nuovo Consiglio di Presidenza.
Ma chi è Kubiš?
Un curriculum di tutto rispetto, che parte dall’impegno ai Ministeri degli Esteri dapprima della Cecoslovacchia e poi della Slovacchia, dopo il 1992. Nel 1993 è stato Rappresentante Permanente della Slovacchia presso le Nazioni Unite, mentre dal 1999 al 2005 Segretario Generale dell’OSCE. Fra le altre importanti cariche internazionali, è stato Segretario Esecutivo dell’UNECE, Chairman della Commissione Ministeriale del Consiglio d’Europa e, sempre per le Nazioni Unite, Capo della Missione di Assistenza ONU prima in Afghanistan e poi in Iraq. Dal 2019, era Coordinatore Speciale ONU in Libano.
Ad ogni modo, la nomina di Kubiš arriva dopo un tentativo fallito a dicembre: sembrava prossima, infatti, la nomina del diplomatico bulgaro Nickolay Mladenov, su suggerimento di Guterres (e degli USA), ma poco prima che il 2020 lasciasse il posto al nuovo anno, Mladenov ha specificato la sua impossibilità alla carica per motivi personali. Tra l’altro, la stessa possibile nomina di Mladenov non era stata vista con favore, soprattutto dai Paesi africani, che avevano invece fornito un altro paio di nomi, nella speranza della nomina di un diplomatico africano. Ed anche la Russia aveva gettato qualche ombra, soprattutto sull’eccessiva ingerenza statunitense, tanto da provocare la reazione dell’allora Segretario di Stato Pompeo, in un comunicato ufficiale.
Al tempo del dialogo, per ovviare qualsiasi problematica, gli Stati Uniti, che già si erano opposti alla nomina dell’ex Ministro degli Esteri Algerino, Ramtane Lamamra, avevano proposto di dividere il lavoro sostanziale dell’UNSMIL, ovvero specializzare il lavoro dell’Inviato Speciale, più concentrato su aspetti e questioni politico-diplomatiche, e del Coordinatore della Missione, impegnato maggiormente in operazioni sul campo. Divisione raggiunta grazie alla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza (2542/2020).
La neo-posizione, stabilita dalla Risoluzione suddetta, ha permesso la nomina, a metà dicembre, di Raisedon Zenenga come Coordinatore della Missione USMIL. Zenenga ha un’altissima esperienza in missioni di peacekeeping, maturata soprattutto in alcuni Paesi africani (fra gli altri, Somalia e Sud Sudan).
In questo tempo, sia Kubiš che Zenenga, nel pieno delle loro funzioni, stanno portando avanti dialoghi importanti non solo con le nuove parti politiche: il dialogo si rivolgerà anche e soprattutto a tutte quelle potenze esterne–ma non troppo, perché direttamente coinvolte sul terreno libico. E tutti ci auguriamo che il loro lavoro porti riconciliazione, frutti di pace e prosperità per la Libia, i libici e tutto il Mediterraneo.
Ma non si può trascurare il fatto che le stesse nomine, e le dinamiche innescatesi, siano frutto di complessi compromessi politici fra parti, più “alte” delle sole fazioni libiche, e che ciò tradisca una certa – e sempre crescente – rigidità, diffidenza e faziosità di fondo fra i differenti blocchi. Senza trascurare l’ormai palese difficoltà interna all’ONU. Essa continua a rispecchiare un assetto mondiale ormai inghiottito dalla storia e, seppur sia vero che la politica è l’arte del compromesso, non è altrettanto giusto che alcuni siano totalmente esclusi a priori da tali dinamiche.