Il 2021 potrebbe segnare non solo il decimo anniversario dalla guerra libica, ma anche un punto di svolta per l’intero Paese: un nuovo Primo Ministro e un nuovo Presidente del Consiglio di Presidenza guideranno la Libia alle elezioni e, possibilmente, verso una nuova primavera di pace.
Quest’anno marcherà il decimo anniversario dall’inizio della guerra in Libia: una guerra in-civile(come tutte le guerre, d’altro canto), che ha procurato divisione della sovranità territoriale, acuito l’instabilità regionale mediterranea, favorito il terrorismo e causato migliaia di morti civili. Sostanziali passi in avanti sono stati compiuti dalla Conferenza di Berlino sulla Libia. La tregua raggiunta grazie alla mediazione delle Nazioni Unite, lo scorso ottobre, ha favorito la distensione militare e politica delle due parti e ha permesso anche un ripiegamento, se così può dirsi, delle forze militari e para-militari estere presenti sul territorio libico.
Il 5 febbraio scorso, a Ginevra, durante i colloqui politici favoriti dalle Nazioni Unite, i delegati libici del foro di dialogo politico libico (LPDF) hanno eletto un nuovo Capo dell’esecutivo e un nuovo Presidente del Consiglio Presidenziale, che guideranno il Paese fino alle elezioni nazionali, che si terranno il 24 dicembre 2021. Abdulhamid Dabaiba (o anche traslitterato, Dbeibah), uomo d’affari, anche legato alla famiglia Gheddafi (tramite la Libyan Investment and Development Company), è stato eletto Primo Ministro.
Lavorerà a stretto contatto con Mohamed Younes Menfi, ex Ambasciatore libico in Grecia per il Governo di al-Sisi, designato Presidente del Consiglio Presidenziale libico, il quale a sua volta conterà sul supporto di due vice, al-Lafi, deputato del Parlamento di Tobruk e originario di Zuara, e al-Koni, leader di una delle tribù meridionali del Paese. In tal modo il Consiglio Presidenziale rappresenterà tutte le macro-regioni della Libia: Cirenaica, Tripolitania e Fezzan.
La lista Menfi-Dabaiba ha superato di poco quella dei “favoriti” di Aghela Saleh, Speaker del Parlamento di Tobruk, e Fathi Bashaga, ex Ministro dell’Interno. Il prossimo step, per Dabaiba, sarà la formazione di un nuovo Gabinetto, entro il 26 febbraio, che riesca a mantenere gli equilibri fino a questo momento faticosamente ricostruiti. Il voto di fiducia alla Camera dei Rappresentati dovrà poi confermare il mandato per il nuovo esecutivo.
C’è sempre più ottimismo da parte della Comunità internazionale: la settimana scorsa, l’Ambasciatore USA in Libia ha avuto un colloquio con il nuovo Premier libico, e in una nota ufficiale dell’Ambasciata, gli States hanno formalmente sostenuto i passi avanti verso la riconciliazione nazionale; il Prime Ministerdel Regno Unito, Johnson, si è congratulato personalmente con il Premier Dabaiba, in un colloquio telefonico il 12 febbraio; così anche il Presidente Macron, e Lavrov, il Ministro degli Esteri russo; l’Egitto, nel frattempo, ha promesso la riapertura della propria ambasciata in Libia, sulla scia dell’immediata riapertura di quella greca, la scorsa settimana.
Questo blocco di Paesi che, a diversi livelli, è stato ed è direttamente coinvolto nel conflitto libico, ha fiducia che il prossimo governo metterà fine ai finanziamenti indirizzati all’acquisto di materiale bellico e che riesca a contenere, se non del tutto eliminare, la presenza militare delle altre potenze regionali, in particolare Turchia e Qatar – ma anche Russia. Certamente la visita di Menfi a Benghazi ha rassicurato Egitto, Emirati Arabi e Grecia, su questo fronte, ma è improbabile che questo punto sarà al centro dell’agenda del futuro nuovo governo.
Alcuni analisti temono, però, che laddove le nomine dei ministri e il piano dell’esecutivo non dovessero soddisfare le pretese di Turchia e Qatar – soprattutto del Presidente Erdoğan – si arriverebbe ad un nuovo stallo. Nel frattempo, però, Erdoğan si è congratulato con entrambi i protagonisti libici in una conversazione telefonica, il 6 febbraio. V’è speranza che Menfi, ambasciatore in Grecia espulso subito dopo il Memorandum d’Intesa turco-libico del 2019, non faccia cadere la valenza dell’accordo – nonostante i numeri 9 e 10 all’art. 6 della Roadmap dell’ONU e dell’LPDF siano velatamente chiari al riguardo. Dopotutto, anche le parole di Dabaida sono state piuttosto rassicuranti per la Turchia. La riconciliazione libica, se è ancora tutta da scoprire, è anche vero che appare sempre più delicata e complessa.