Non esiste sviluppo senza connessione. Un progetto a partecipazione internazionale punta a migliorare la connettività dell’intera regione artica.
Se l’artico è destinato a diventare un hub di sviluppo infrastrutturale e la Northern Sea Route ad essere sempre più percorsa verso Est, si renderà necessario avere una connettività estremamente efficiente e che veda coinvolti gli Stati della regione. Il progetto di installare cavi sottomarini a fibra ottica che colleghino l’intera regione nasce già nel 2018 dall’idea del consorzio finlandese Cinia e da Megafon, uno dei maggiori operatori telefonici russi. Nel Giugno 2019 un Memorandum of Understanding viene firmato tra il gruppo Cinia che annovera partner nordeuropei e giapponesi e Megafon. Allo stato attuale non si conosce la geografia esatta del progetto, ma si stima che i cavi si estenderanno su una superficie che supera i 10.000 chilometri collegando il Nord Europa con l’Asia.
Il CEO di Megafon Gevork Vermishyam sottolinea le preziose opportunità di sviluppo che il progetto apporterà: “MegaFon is proud to join a major international infrastructure project that will not only connect several continents via the Arctic, but also will benefit MegaFon as a leader of digital opportunities by enabling the development of network infrastructure for customers in the Arctic region and the Far East.” Dall’altro lato il CEO di Cinia Ari-Jussi Knaapila evidenzia il vantaggio del partenariato internazionale: “Arctic Connect is a real international opportunity. Cinia is very pleased to see broad international interest in the project, and I warmly welcome our new partners from Japan, Norway and Finland to join the Cinia Alliance. The project is moving forward and together we will have an exciting journey to make the plans real.”
I vantaggi dell’installazione di cavi sottomarini a fibra ottica che copra la regione artica sono indiscutibili: miglioramento della vita delle popolazioni locali, creazione di nuove opportunità di sviluppo per diversi settori lavorativi, miglioramento della ricerca oltre che l’efficientamento dell’apparato search and rescue.
Se gli stakeholder si trovano tutti d’accordo sui vantaggi che l’implementazione di questo progetto possa apportare all’intera regione, va detto che ciò che può destare peroccupazione è la frammentaria regolamentazione sui cavi sottomarini. Il comandante Pete Barker evidenzia come da un punto di vista giuridico sia complesso proteggere i cavi sottomarini soprattutto nel caso essi si trovino fuori dalla giurisdizione di uno Stato. La rilevanza dei cavi sottomarini è indiscutibilmente cresciuta negli ultimi anni e Unclos, entrato in vigore nel’82, non sembra poter offrire una regolamentazione adeguatamente aggiornata.
Non conoscendo ancora l’esatto posizionamento dei cavi può sembrare un discorso prematuro, ma è ovvio che la messa in sicurezza dei cavi non può essere ovviata in termini prettamente ed esclusivamente militari. Un impianto di collaborazione internazionale sarà necessario e la partecipazione multinazionale del progetto Arctic Connect può di certo offrire un buon viatico. Tuttavia c’è chi trarrà maggiori vantaggi dal progetto e il rischio di farne una questione di sicurezza nazionale non è assolutamente da sottovalutare.