Durante il 41° summit, il Consiglio di cooperazione del Golfo decreta la fine dell’embargo sul Qatar, segnando la fine della divisione intra-sunnita
La Dichiarazione di Al-Ula, dal nome della città saudita in cui ha preso parte il summit del Consiglio di cooperazione del Golfo, decreta la fine della spaccatura all’interno del CCG in nome della “coordinazione ed integrazione tra gli Stati membri” e per “rafforzare il ruolo regionale ed internazionale del Consiglio”, come si legge dal testo della dichiarazione.
Il ristabilimento delle relazioni con il Qatar implica la fine del blocco aereo, marittimo e terrestre imposto nel 2017 da Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Bahrain, dando il via alla seconda crisi del Golfo.
La maggior accusa rivolta al Qatar era quella di supportare il terrorismo, dando sostegno ai Fratelli Musulmani, che si ponevano in contrapposizione al vecchio ordine, messo in discussione dalle Primavere arabe, ma difeso dalla monarchia saudita.
Nel corso della sua storia, il Qatar ha attuato una politica estera in continua espansione, delineandosi come uno dei più importanti attori regionali nelle relazioni internazionali del Medio Oriente. Con una politica all’insegna del pragmatismo, il piccolo Stato del Golfo ha supportato vari attori politici, spesso in conflitto tra loro, e ha cercato di fare da mediatore tra i conflitti regionali, mantenendo una posizione di neutralità, ma che rischia, talvolta, di essere priva di coerenza.
Da ciò, si comprende la vicinanza tra il Qatar e l’Iran. Tra il 2016 e il 2017, le esportazioni iraniane verso il Qatar sono aumentate del 181%, e, in generale, si è assistito ad un miglioramento dei rapporti commerciali tra i due Paesi. La fine della disputa con il Qatar, pertanto, serve a rafforzare il fronte comune contro la Repubblica Islamica di Iran e “le minacce rappresentate dal nucleare iraniano e dal programma di missili balistici”.
Ma l’Arabia Saudita, con l’insediamento del nuovo presidente Biden, deve anche ripensare i suoi rapporti con gli Stati Uniti, da sempre partner strategici. La stretta cooperazione tra i due Paesi ha raggiunto il suo apice durante la presidenza di Trump, che ha intessuto una relazione privilegiata e personale con il regno saudita. Basti pensare che da parte statunitense non c’è stata una condanna ufficiale per l’uccisione del giornalista Khashoggi né per le continue violazioni dei diritti umani perpetuate dalla coalizione a guida saudita in Yemen.
La nuova amministrazione non apporterà un cambiamento significativo, ma potrà anche non essere così indulgente come quella precedente. Per questo, la distesa dei rapporti tra Arabia Saudita e Qatar serve anche “per ripulire l’immagine” della monarchia saudita agli occhi dei democratici. Ma, probabilmente, ancor più che contenere l’Iran, che ormai si trova in una posizione molto debole, la riconciliazione all’interno del CCG serve per ricompattare il campo arabo contro una nuova potenza ascendente: la Turchia.