Approfittando della transizione presidenziale, Cina e Iran muovono le loro pedine per rafforzare il proprio status internazionale in ottica antistatunitense.
Quando mancano pochi giorni all’inaugurazione del mandato presidenziale di Joe Biden, i principali antagonisti di Washington in politica estera, Cina e Iran, non sono rimasti a guardare. Se dopo sette anni di negoziati Pechino ha concluso un accordo storico sugli investimenti con l’Unione Europea, Teheran ha annunciato che intende riprendere l’arricchimento dell’uranio sopra il 20%, mossa che complica ulteriormente i rapporti della Repubblica Islamica con i Paesi europei e con la prossima amministrazione Dem. L’attivismo diplomatico dei due Paesi irromperà nell’agenda del nuovo Dipartimento di Stato statunitense, che ne vorrà sicuramente controbilanciare l’intraprendenza. Ma, alla luce delle suddette mosse sulla scena internazionale, come cambia la percezione degli Stati Uniti rispetto ai suoi storici rivali?
La nuova amministrazione dovrà confrontarsi con una Cina sempre più presente e decisiva nell’arena globale. Biden aveva fatto capire di voler creare una coalizione con gli alleati europei e dei Five Eyes per far valere gli interessi comuni nei confronti dell’ascesa cinese. Tuttavia, il recente accordo sugli investimenti tra Cina e UE complica il quadro. Adesso, Pechino e Bruxelles sono legati da un rapporto economico e commerciale ancor più stretto; ma il problema per Washington risiede nel fatto che l’Unione Europea non ha coordinato la sua posizione con l’alleato americano prima di concludere il negoziato. Qualora lo avesse fatto, “sarebbe stato un terribile segnale” rispetto all’indipendenza e agli interessi dell’Unione, ha dichiarato il Primo Ministro portoghese Antonio Costa. Anche se il 22 dicembre, il prossimo Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Jake Sullivan, aveva auspicato in un tweet una maggiore coordinazione tra le due sponde dell’Atlantico sulle pratiche economiche cinesi.
Per quanto concerne l’Iran, invece, l’amministrazione Biden ha espresso l’intenzione di riprendere quell’accordo sul nucleare da cui Trump si era sfilato, applicando successivamente sanzioni sul petrolio iraniano e avviando una vera e propria guerra economica. L’annuncio del Presidente iraniano Rouhani circa la ripresa dell’arricchimento dell’uranio sopra il 20% getta più ombre che luci sul rapporto con la nuova Casa Bianca, la quale difficilmente ammorbidirà le sanzioni petrolifere in tempi brevi.
Le modalità con cui l’amministrazione Biden si occuperà dell’Iran dipenderanno molto dalle preoccupazioni di Israele e Arabia Saudita, principali alleati di Washington e allo stesso tempo rivali numero uno di Teheran nella regione. In questo contesto, l’annuncio sull’arricchimento dell’uranio è da considerarsi come una tattica di pressione in vista dell’inaugurazione di Biden, ma potrebbe sortire l’effetto opposto, convincendo il Presidente a rinnovare le sanzioni e continuare con la strategia di massima pressione.