Giovedì 10 dicembre, Trump e Natanyahu hanno dichiarato con orgoglio la riuscita di un nuovo accordo di “normalizzazione” diplomatica fra Marocco ed Israele, con grande disappunto da parte dell’Algeria. L’accordo, infatti, pone in questione anche il Sahara Occidentale, dopo il ritiro dal cessate-il-fuoco del Fronte Polisario.
Il nuovo accordo fra Marocco ed Israele, sponsorizzato e favorito dagli Stati Uniti, è passato un po’ troppo inosservato (forse) alle cronache nazionali e non. Forse per il modo in cui è stato definito, anzitutto dal Presidente degli Stati Uniti d’America, come un accordo storico anche questo, dimenticando (o forse no) che i due Paesi in questione hanno ormai da anni relazioni pacifiche, di dialogo e reciproca cooperazione, per diversi motivi.
Lo stesso Ministro degli Esteri marocchino, Nasser Bourita, ha precisato in una intervista che dalla prospettiva marocchina non si parla di “normalizzazione” delle relazioni, essendo queste già normali. In effetti, seppure la diplomazia fra i due Paesi abbia subito una battuta d’arresto dopo la Secondo Intifada, le relazioni sono proseguite su piano informale.
Anzitutto per la folta comunità ebra-marocchina (o di discendenza marocchina) residente in Israele e che frequentemente fa ritorno a Rabat (sono circa 1 milione di persone); in secondo luogo, per gli ingenti investimenti che diverse compagnie israeliane compiono negli asset strategici dell’economia marocchina; terzo, il carattere equilibrato e filo-occidentale delle politiche marocchine ha in qualche modo aiutato Rabat a non sospendere mai totalmente i dibattiti, reputando il dialogo come unica via verso la risoluzione dei due Stati.
In realtà, l’accordo sembra avere due obiettivi principali, fra gli altri, ed entrambi riguardano la condizione del Sahara Occidentale. Infatti, i termini dell’accordo prevedono che, a fronte della normalizzazione delle relazioni diplomatiche con tra Marocco ed Israele, gli Stati Uniti riconoscano, attraverso la locazione di consolati, la sovranità marocchina sul Sahara Occidentale, tornato alla ribalta dopo alcuni interventi militari nella zona-cuscinetto e il ritiro dal cessate il fuoco da parte del Fronte Polisario.
Da una parte, Trump sta tentando disperatamente di complicare le future relazioni dell’Amministrazione Biden con questa parte del mondo: proporre come “merce di scambio” il riconoscimento di un territorio, dichiarato dall’ONU, “non autonomo” e del quale riconosce il diritto all’autodeterminazione complicherà, con tutta probabilità, la futura posizione statunitense in merito, anche in sede internazionale. Non è chiaro che cosa Biden deciderà di fare, certo che sarà per lui complicato svincolarsi.
Il secondo obiettivo riguarda più specificamente la monarchia marocchina che ha trovato l’occasione propensa per veder finalmente riconosciuta la propria sovranità sul territorio del Sahara Occidentale.
Appare, in conclusione, che a risaltare maggiormente sia uno sbilanciamento fra le questioni, da una parte quella palestinese e dall’altra quella sahrawi: l’accordo non cambierà gli equilibri/squilibri venutisi a creare dopo gli Accordi di Abramo sulla questione Israelo-Palestinese, bensì tocca più da vicino proprio il Sahara Occidentale, che diventa definitivamente la terza questione aperta più importante per gli equilibri del Mediterraneo, dopo appunto la questione Palestinese e le tensioni nel Mediterraneo Orientale.