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Come voteranno le principali comunità religiose degli Stati Uniti? Nel Paese le realtà confessionali contano molto e le loro scelte influiranno sull’esito finale del voto.
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La composizione religiosa degli USA vede la netta predominanza dei cristiani (74%), divisi in protestanti (48,9%), cattolici (23%), mormoni (1,8%) e altri (1,7%). Seguono poi gli atei e gli agnostici (21%), gli ebrei (2,1%), le confessioni non abramitiche (2,5%) e i musulmani (0,8%). La componente cristiana è diminuita con il tempo: nel 1962 i cristiani erano il 93%. Negli ultimi decenni la tendenza più significativa è stata però quella dell’allontanamento dalla religione, 4 anni fa il 72% dei cittadini affermava che la religione stava perdendo influenza nella società statunitense anche se il 40% degli statunitensi affermava che non avrebbe mai votato per un ateo come Presidente.
Nel 2016 il voto per il partito repubblicano provenne per il 51% da individui “altamente religiosi”, contro il 33% di essi che si espresse in favore dei democratici. Il rapporto si invertiva per i non religiosi, in quanto essi costituivano il 37% dell’elettorato democratico e il 20% di quello repubblicano, mentre il 55% di coloro che partecipavano settimanalmente ad attività religiose, aveva votato per Trump, il 41% per Hillary Clinton. Gli aconfessionali, più vicini ai democratici, scelsero per il 62% la Clinton e per il 30% Trump. Gallup ha riscontrato che sebbene la vicinanza alla fede sia diminuita in tutti i gruppi politici, rimane molto più alta tra i repubblicani che tra gli indipendenti e i democratici. È probabile che alle prossime elezioni non vi saranno modifiche sostanziali a tale assetto, anche se si scorgono alcune possibili variazioni. Un recente sondaggio ha evidenziato che le scelte del presidente sulla pandemie sono sostenute dai tre quarti degli evangelici bianchi, mentre è critico il 58% dell’intera comunità protestante e il 52% dei cattolici.
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Il 1° emendamento della Costituzione degli Stati Uniti garantisce la piena libertà religiosa e la non interferenza della politica. Ciò non significa che non vi siano storici rapporti e strette relazioni tra comunità confessionali e partiti politici: i protestanti sono sempre stati molto legati ai repubblicani, mentre i cattolici, che prima degli anni ‘60 erano principalmente pro-dem, oggi sono equamente divisi tra i due partiti, esattamente come lo è la loro comunità, tra liberali-progressisti e conservatori, su tutti i white Catholics del Midwest. Oggi gli evangelici bianchi sono il gruppo più convintamente repubblicano (votarono all’80% Trump). Il mondo protestante è comunque molto variegato, gli evangelici sono tradizionalmente molto conservatori , mentre luterani e presbiteriani hanno un orientamento più progressista. Esiste poi la folta componente delle chiese afro-americani, marcatamente orientate verso i democratici.
Nel 2016 il 24% della comunità ebraica, diffusa per lo più negli Stati nordorientali e in quello di New York, votò per Trump e, nel 2018, il 17% confermò tale orientamento alle midterm election. Tale percentuale potrebbe crescere in favore del Presidente, che ha intercettato il consenso della comunità giudaica in azioni come lo spostamento dell’ambasciata a Gerusalemme e la difesa di Israele. Un sondaggio interno alla comunità riporta infatti una propensione al voto del 30% per Trump e del 67% per Biden. Resta indubbio che la stragrande maggioranza degli ebrei americani, sensibile alle cause del razzismo e delle minoranze, rimanga affine al partito democratico. I musulmani, comunità di 2 milioni di elettori in progressiva espansione, votano in modo variabile, tendenzialmente con maggiore propensione verso i candidati democratici.
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