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Gli Stati Uniti mediano i colloqui fra Libano ed Israele, per la risoluzione di una disputa ormai quasi decennale sui confini marittimi. Obiettivo: fare di Israele il centro regionale, escludendo Iran, Russia e Turchia, giocando la partita del gas.
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Il 14 Ottobre hanno avuto inizio i colloqui, mediati dagli Stati Uniti, fra Israele e Libano per una possibile risoluzione della disputa sui confini marittimi, che ha rischiato per anni di far infiammare una situazione politico-militare già fortemente instabile. I due paesi, infatti, sono formalmente in guerra e, a detta degli stessi rappresentanti di governo, neanche questo nuovo storico passo in avanti ha segnato la fine della guerra e delle ostilità. I colloqui si sono svolti a Naqoura, in una base UNIFIL, poco distante la Linea Blu che divide i due Stati, località scelta appositamente dagli statunitensi che, di fatto, guidano i negoziati e potenzialmente ne tracciano le trame. Perché in gioco c’è molto più di una semplice disputa di confine fra una potenza nucleare ed un Paese ormai al collasso: c’è in ballo l’equilibrio di potenza in tutto il Mediterraneo orientale.
I recenti ritrovamenti di riserve di gas nel Mediterraneo, oltre ad aver innescato un inasprimento delle relazioni fra Israele e Libano, hanno infatti favorito la corsa di tutti gli Stati rivieraschi, consci che nel prossimo futuro sarà la transizione energetica il vero carburante delle relazioni internazionali. Ciò potrebbe, potenzialmente, portare ad uno stato di totale anarchia e a confitti ingiustificati, soprattutto agli occhi di Washington. Israele, nel frattempo, è diventato anche esportatore di gas per la Giordania e l’Egitto, precognizione dei reali interessi alla base dell’accordo che va delineandosi da parte americana, oltre altre tre importanti ragioni.
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Anzitutto, favorendo una nuova immagine ed una nuova politica energetica di Israele, gli States mirano ad arginare nuovamente l’Iran, colpendola al cuore non solo della propria potenza economica, ma anche politico-culturale, se pensiamo ad Hezbollah ed altri gruppi sciiti che popolano il Libano e che non hanno potuto esercitare un’eccessiva pressione. Sulla scia di questo nuovo futuro ruolo di Israele, quale esportatore di gas, gli Stati Uniti hanno caldeggiato la realizzazione della neonata organizzazione internazionale East Med Gas Forum: obiettivo principale, allentare la morsa russa del gas sull’Europa, favorendo una maggiore diversificazione d’approvvigionamento energetico per l’Unione. Altro Paese che ne esce ancor più isolato è la Turchia, che spera ancora in una lenta penetrazione economico-militare nel Paese dei cedri, soprattutto a seguito dell’esplosione del Porto di Beirut. In qualche modo, ora, Ankara ha subito una battuta d’arresto, soprattutto perché non fa parte dell’East Med Gas Forum.
Non v’è dubbio che dai colloqui, che seguiranno il 28 ottobre, Israele ne esca rafforzata nell’immagine e nelle potenzialità di sviluppo di questa fonte energetica importantissima per i prossimi trent’anni. Il Libano, da parte sua, non ne uscirà vincitore come Tel Aviv, ma certamente potrà sentirsi sollevato economicamente: un passo in avanti verso Israele significa fiducia dei mercati, significa fiducia per le grandi organizzazioni economico-finanziarie, significa fiducia da parte delle grandi potenze che di fatto vogliono controllare direttamente l’area (nominalmente le più grandi in sede ONU Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna), significa anche ritrovare uno spazio per esercitare direttamente la propria sovranità.
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