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A due settimane dalle elezioni presidenziali e davanti alla dilagante ripresa della pandemia, ci si chiede quale possa essere il futuro delle relazioni tra Stati Uniti e Unione Europea, sia nel caso in cui Trump venisse riconfermato, sia se Biden dovesse conquistare la Casa Bianca.
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Se c’è uno scenario di cui possiamo essere certi, è che i rapporti tra Unione Europea e Stati Uniti non saranno in cima all’agenda programmatica di nessuno dei due candidati. Lo si evince sia della loro storia politica, sia dalle proposte per il prossimo quadriennio dei principali competitor. Il matrimonio transatlantico tra le due potenze segna da tempo alcune debolezze ed esso non è tornato allo splendore di un tempo nemmeno con la presidenza Obama, che non ritenne prioritarie le questioni europee, più rivolta alle relazioni con i paesi asiatici e sudamericani. Barack Obama vedeva nell’UE un interlocutore “alla pari”. Con la Presidenza Trump le relazioni tra i due attori hanno subito un crollo inedito. L’indice di fiducia dei Paesi europei è calato dal 95/55% degli anni 2010/2019, a percentuali tra il 40 e il 5% tra il 2016 e il 2019.
Trump ha sempre nutrito una profonda avversione al modello multilateralista, avversione che di contro i leader europei hanno manifestato, sin dal primo giorno, nei confronti della sua presidenza. Nel 2017 Juncker arrivò a minacciare, come ritorsione all’atteggiamento statunitense, di avallare l’indipendenza dell’Ohio e la secessione del Texas. Il culmine della tensione fu raggiunto quando, nel 2018, Trump definì l’Europa “un nemico commerciale”.Osservando il saldo commerciale per beni e servizi tra le due potenze, si noterà un marcatissimo calo a partire dal 2016, anno dell’elezione del tycoon. Sembra difficile immaginare un ribaltamento nelle relazioni con l’Europa all’indomani di una futura rielezione di Trump, che anzi potrebbe irrigidire molte delle sue posizioni, come spesso accade nei secondi mandati presidenziali, verso un’ulteriore svolta isolazionista nei confronti degli affare europei e una rinvigorita lotta commerciale. L’uscita dagli Accordi sul Clima di Parigi nel 2017, andava esattamente nella direzione dello sviluppo di politiche economiche autonome.
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La mancata adesione degli Stati Uniti all’iniziativa condotta da Bruxelles volta a raccogliere 8 miliardi di dollari per la ricerca di un vaccino contro il Covid-19, non fa che confermare le difficoltà di gestione condivisa delle tematiche globali anche per il futuro. La recente apertura di un forum di confronto sulla Cina tra USA e UE, è l’unico atto volto alla ripresa di rapporti. Biden, a differenza di Trump, vede nel multilateralismo l’unico strumento per la riconquista di una leadership globale. Il democratico, qualora diventasse Presidente, avrebbe un bisogno viscerale dell’alleanza europea. Biden necessiterebbe di accordi strutturati per il clima, per trasformare gli USA in una superpotenza energetica sulle rinnovabili, per riaffermare l’influenza e la leadership della NATO, ma soprattutto perché il leader democratico crede fortemente che l’unico modo per vincere lo scontro con Cina e Russia, in Medio Oriente come nell’intero globo, è quello di una ritrovata alleanza occidentale, di cui gli Stati Uniti debbano essere capofila e garanti.
Il lavoro della Commissione Transatlantica per l’integrità elettorale, volta al contrasto degli attacchi della Russia alle democrazie occidentali e al monitoraggio globale dei processi democratici, sarà un altro aspetto su cui rinnovare la coalizione. Se è quindi certo che Biden si occuperebbe maggiormente delle relazioni con l’Europa, è pur vero che questa, come detto in apertura e a scanso di imprevedibili stravolgimenti globali, non sarà la priorità di una futura presidenza democratica.
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