[et_pb_section fb_built=”1″ _builder_version=”3.24.1″ custom_margin=”0px||” custom_padding=”0px||”][et_pb_row _builder_version=”3.25″ background_size=”initial” background_position=”top_left” background_repeat=”repeat” custom_margin=”0px||” custom_padding=”0px||”][et_pb_column type=”4_4″ _builder_version=”3.25″ custom_padding=”|||” custom_padding__hover=”|||”][et_pb_text _builder_version=”4.5.4″]
[/et_pb_text][et_pb_code _builder_version=”4.5.4″] style=”display:block; text-align:center;” data-ad-layout=”in-article” data-ad-format=”fluid” data-ad-client=”ca-pub-7315138348687543″ data-ad-slot=”8401026869″>[/et_pb_code][et_pb_text _builder_version=”4.5.4″]
Qualche giorno fa, il Presidente francese ha paventato, durante il suo discorso a Les Mureaux, un piano, che verrà presentato sotto forma di proposta di legge il 9 dicembre, atto a combattere ogni forma di separatismo interno alla Francia, tra i quali rientrano (senza opportuni differenze, v’è da dire) l’Islam radicale e l’Islam politico.Il piano ha come obiettivo domestico il recupero di alcune periferie ormai perdute, in cui la possibilità di radicalizzazione è molto alta. Altro obiettivo è di natura sia domestica che regionale e mira alla riduzione di finanziamenti ed ingerenzealle comunità islamiche locali da parte di altri Paesi. In tale cerchia rientrano, tra le prime, Turchia e Qatar. È indubbio che queste forme di finanziamento rientrino, politicamente, nella sfera di soft power di un determinato Stato. Tra l’altro, alcuni imam su territorio francese provengono da Paesi come, appunto, la Turchia, il Marocco o l’Algeria. Il piano punterebbe alla formazione domestica degli imam francesi e dunque ad un conseguente abbassamento del livello dei finanziamenti e delle influenze esterne.
Internamente, la posizione del Presidente può comprendersi in un Paese con una presenza islamica molto alta: quasi 6 milioni di persone sono musulmane, il che fa della Francia il Paese europeo occidentale con la percentuale più alta di musulmani. Percentuale destinata ad aumentare e che, probabilmente, nel lungo periodo (ovviamente, solo se qualcosa cambierà internamente alle varie correnti politico-religiose), porterà ad una espressione politica forte dell’elettorato musulmano. È da tempo che in Francia si discute di tale questione, anche in sede parlamentare.
[/et_pb_text][et_pb_code _builder_version=”4.5.4″] style=”display:block; text-align:center;” data-ad-layout=”in-article” data-ad-format=”fluid” data-ad-client=”ca-pub-7315138348687543″ data-ad-slot=”8401026869″>[/et_pb_code][et_pb_text _builder_version=”4.5.4″]
Storicamente, poi, la Francia ha sempre proceduto al controllo di ogni forma di aggregazione politica o religiosa che fosse. L’Islam è sfuggito troppe volte ai radar dell’Eliseo e se prima minacciava l’esistenza della Repubblica esternamente, con attentati visibili, oggi minaccia l’indivisibilità della Nazione dalle periferie, dall’interno. All’estero, le proposte di Macron, e le parole che hanno accompagnato tali proposte, non sono piaciute soprattutto in Turchia, che giudica la posizione del Presidente francese come anti-islamica, ravvisando una minaccia per la libertà religiosa dei musulmani europei. Molti commentatori hanno ripreso espressamente la frase “l’Islam è una religione che sta vivendo una crisi in tutto il mondo”, ritenendola un’offesa per milioni di fedeli.
Con tale propaganda, Macron si è ufficialmente guadagnato il posto di preferenziale antagonista all’ottomanesimo turco, sul piano quanto meno culturale. Il suo Islam dei lumi si contrappone nettamente alla ricerca di un conservatorismo moderato targato Erdoğan. L’iniziativa non gli riserverà le simpatie di tanti altri Paesi della sponda Sud del Mediterraneo: l’Islam, per questi Paesi, è un elemento strutturale del fedele, tanto quanto l’essere suddito o cittadino. E in Europa non andrebbe neanche letta, la proposta di Macron, come una contro-sferzata difensiva dell’identità culturale europea, dopo la ricoversione di Hagia Sophia. Macron non si pone quanto difensore della laicità, ma del laicismo. E il prossimo step, la prossima contromossa in tal senso, come monito al mondo arabo-musulmano, potrebbe partire proprio da Beirut, oggi così vulnerabile.
[/et_pb_text][et_pb_code _builder_version=”4.5.4″] style=”display:block” data-ad-format=”autorelaxed” data-ad-client=”ca-pub-7315138348687543″ data-ad-slot=”3043690149″>[/et_pb_code][/et_pb_column][/et_pb_row][/et_pb_section]