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Pompeo si è detto soddisfatto delle rassicurazioni avute dal premier Conte sulle relazioni con la Cina, mentre con il Vaticano esistono profonde differenze di vedute.
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L’ennesima visita- probabilmente l’ultima prima delle presidenziali- del Segretario di Stato americano Pompeo in Europa si è chiusa in territorio italiano. Prima a Roma, dove Pompeo ha incontrato il premier Conte e il Ministro degli Esteri Di Maio, e poi a pochi passi dai palazzi della Capitale per conferire con le autorità della Santa Sede in un clima piuttosto teso. Il viaggio del capo della diplomazia americana si era aperto con le critiche rivolte al Vaticano, in procinto di rinnovare l’accordo con la Cina, stipulato nel 2018, per la nomina dei vescovi nel Paese. Alle accuse di Pompeo, secondo cui la Santa Sede debba mostrare più coraggio sulla Cina, essendo stata troppo accondiscendente sulle violazioni dei diritti umani, ha prontamente reagito il Ministro degli Esteri in pectore del Vaticano, l’Arcivescovo Gallagher, irritato da quello che a suo dire sarebbe “un tentativo di strumentalizzare il Papa per la campagna elettorale di Trump”. A ciò ha fatto eco la decisione di Papa Francescodi non incontrare Pompeo, notoriamente uno dei più risoluti oppositori della Cina all’interno dell’amministrazione Trump.
Tuttavia, la prima giornata romana di Pompeo ha sortito gli effetti desiderati. Pare che l’Italia abbia rassicurato l’alleato statunitense sulla sicurezza delle infrastrutture digitali. Si è parlato, naturalmente, della cinese Huawei e della costruzione delle reti 5G. La posizione del Governo americano è arcinota, e Pompeo non manca mai di ribadirla: “Quelle cinesi sono azioni predatorie sovvenzionate dallo Stato, e quindi non rispondenti a logiche di mercato come trasparenza e concorrenza”, ha affermato dalla Farnesina.
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Da un lato il titolare degli Esteri, Luigi Di Maio, ha confermato la solidità dell’Alleanza Atlantica e che tutte le relazioni dell’Italia avvengono nel quadro di quest’ultima; dall’altro è stato il premier Giuseppe Conte a fornire garanzie solide, indicando gli sforzi per rafforzare la golden power con cui lo Stato avrà l’ultima parola sulle telecomunicazioni nazionali. Prima gli screzi, poi il chiarimento. Successivamente, Pompeo ha incontrato nei Palazzi Vaticani il Segretario di Stato della Santa Sede, Cardinale Pietro Parolin, e lo stesso Arcivescovo Gallagher, deus ex machina della politica estera pontificia. I dettagli della conversazione rimangono riservati, ma traspare la volontà del Vaticano di perseguire una politica estera autonoma nei confronti della Cina, improntata al dialogo, al rafforzamento dei legami ed al rinnovamento dell’accordo di cui sopra per “tutelare gli ecclesiastici e i fedeli cattolici in Cina, in totale coerenza con la missione pastorale della Santa Sede”. Se Pompeo ha salutato l’incontro come “costruttivo”; il Cardinale Parolin è stato più netto e preciso: “Noi e gli Stati Uniti utilizziamo metodi diversi per perseguire la libertà di culto nel mondo […] e vi è una differenza di approcci anche su come sia meglio affrontare la sfida delle relazioni con Pechino”.
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