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Il Naalakkersuisut (l’autogoverno groenlandese) lavora per stabilire una rappresentanza in Cina per il 2021 in modo da rafforzare i rapporti commerciali con l’Estremo Oriente.
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Da tempo gli occhi della scienza sono puntati sulla Groenlandia per il contributo che lo scioglimento dei ghiacci groenlandesi fornisce all’innalzamento dei mari di tutto il mondo. Ma da qualche anno questa immensa isola è anche al centro di crescenti interessi commerciali internazionali. La forte presenza indigena (circa l’85% della popolazione è di origin Inuit) è simbolo del processo storico e politico che questo territorio ha vissuto nelle ultime decadi. Sotto i riflettori americani e tedeschi a cavallo della seconda guerra mondiale per la strategicità della sua posizione, oggi questa terra attira l’interesse delle grandi potenze mondiali per la ricchezza dei sui giacimenti minerari e la pescosità dei suoi mari. Sirene che arrivano dai vicini Stati Uniti tanto quanto dal lontano Oriente verso cui l’autogoverno di recente formazione (insediatosi nel 2009 a seguito di un referendum avvenuto nel 2008) ha mostrato grande interesse. Infatti, ad oggi, le aziende groenlandesi esportano ogni anno per oltre 2,3 miliardi di DKK in Asia orientale (l’equivalente di circa 300 milioni di euro). Le esportazioni sono dirette principalmente verso la Cina (1.5 miliardi DKK) e il Giappone (850 milioni DKK). Buona parte degli introiti di questi canali commerciali sono generati dal mercato ittico che tuttavia deve fare i conti con la forte concorrenza islandese che, grazie ad un accordo di libero scambio, ha il vantaggio di un’aliquota di dazio inferiore di cinque punti percentuali per l’halibut islandese rispetto all’ippoglosso nero groenlandese.
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Ma i contatti tra la Groenlandia e la Cina non si esauriscono al mercato ittico. Già da qualche anno infatti aziende cinesi, per la maggior parte a partecipazione statale, stanno cercando di investire in diversi siti minerari, in particolare nella zona meridionale dell’isola, dove si stima ci siano ricchissimi bacini di terre rare. I lavori proseguono a ritmi lenti a causa delle perplessità di Copenhagen, cui spetta ancora l’ultima parola in materia di difesa e strategia, di problematiche legate all’impatto ambientale e ai risvolti sociali che una cospicua presenza cinese su un territorio che vanta la più bassa densità demografica del pianeta potrebbe avere. Ad oggi la Groenlandia ritiene la Cina un importante partner e una rappresentanza groenlandese sul territorio cinese faciliterebbe il progredire dei rapporti commerciali con il Paese del dragone e con l’Estremo Oriente in generale. Di certo, la via che la leadership groenlandese vuole percorrere sembra chiara: intensificare i rapporti commerciali con diverse economie del mondo e ampliare la presenza istituzionale dell’isola per entrar a far parte del tessuto diplomatico internazionale. Al momento la Groenlandia è rappresentata all’estero in Islanda, a Washigton DC e a Bruxelles. La presenza in Estremo Oriente sarebbe un forte segnale del ruolo più globalizzato che la Groenlandia intende avere nel prossimo futuro, uscendo da una realtà che per quanto estesa a livello territoriale, fa ancora fatica ad autosostenersi e a diversificarsi nei propri mezzi di sussistenza.
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