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Più volte abbiamo forse potuto leggere o ascoltare dell’intenzione, velata e mai palesata, del Presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, di allargare i propri confini agli ex territori dell’Impero Ottomano, ad iniziare dalla Siria, i cui territori del Nord nascondono preziosi vantaggi economici. La linea di confine, in realtà, si estende lungo il Kurdistan iracheno, secondo Ankara avamposto dell’organizzazione terroristica PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), pretesto con il quale sistematicamente la Turchia organizza strike aerei ed operazioni militari nei territori confinanti.
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A questa esigenza di sicurezza interna si aggiungono le mire imperialiste di Erdoğan: infatti, i confini, prima del 1923, comprendevano anche Mosul, Sulaymaniya e Kirkuk, ricchi di petrolio ed oggi sotto il controllo del Kurdistan iracheno. Lo stesso Atatürk affermò: “I nostri confini nazionali passano attraverso Antiochia e si espandono ad est di Mosul, Sulaymaniya, Kirkuk: affermiamo: questo è il nostro confine!”.
Da ciò possono intendersi le iniziative militari turche in Iraq.
Circa una settimana fa, due ufficiali iracheni sono rimasti coinvolti nell’attacco di un drone turco sull’area di Sidekhan, nella provincia della Sulaimaniyah controllata dal governo del Kurdistan. La morte dei due ufficiali ha scatenato l’indignazione di Baghdad: la visita del Ministro della Difesa turco, Hulusi Akar, a Baghdad è stata cancellata e d’urgenza è stato convocato l’ambasciatore turco.
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Fino a questo momento, le operazioni turche si erano concentrate prevalentemente sui confini turco-iracheni e turco-siriani, ma questa volta è stato diverso: la provincia della Sulaimaniyah è infatti più interna, un po’ lontana dal confine turco, e molto più prossima ai confini fra Iraq ed Iran. Inoltre, in questa occasione la risposta di Baghdad è stata chiara ed animata, perché non più disposta a sopportare gli sconfinamenti turchi sul proprio territorio. Il Ministro degli Esteri iracheno ha definito gli attacchi turchi come delle vere e proprie aggressioni ed ha richiamato la Lega Araba ed alcuni importanti paesi della regione (tra cui Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti) a studiare un’azione comune per contrastare la violenza della Turchia.
È molto probabile che le risposte di Baghdad non supereranno il livello diplomatico, per una serie di motivi economici e commerciali, soprattutto. Anche Erdoğan ne sembra sicuro, date alcune importanti collaborazioni iniziate con Baghdad, sia sul piano commerciale, che energetico.
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Cio’ che in questo momento preoccupa Ankara è che le relazioni commerciali dell’Iraq con le monarchie arabe potrebbero cominciare ad intensificarsi con la nuova leadership. In questo modo, Baghdad potrebbe cadere nelle mani delle monarchie emiratina e saudita per il controllo regionale, soprattutto dopo l’indebolimento dell’Iran e l’incertezza delle elezioni americane.
La strategia di Ankara è dunque spaventare l’Iraq con l’incubo di un nuovo possibile allargamento verso quei territori una volta ottomani.
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