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Con la candidatura di uno statunitense alla presidenza della Banca Interamericana di Sviluppo (BID), una questione in passato burocratica è divenuta un tema bollente. Storicamente, la carica è sempre stata ricoperta da un latinoamericano. Le conseguenze dell’annuncio minacciano il futuro del multilateralismo regionale e delle politiche per lo sviluppo.
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La BID è la principale fonte di finanziamento per lo sviluppo in l’America Latina e nei Caraibi. Con sede a Washington DC, nasce nel 1959, su iniziativa del Presidente brasiliano Kubitschek, quale sforzo collettivo per lo sviluppo socio-economico dei Paesi latinoamericani in via di sviluppo, mobilitando capitali pubblici per investire nel processo di industrializzazione regionale. Da parte degli Stati Uniti, fu il Presidente Eisenhower a collaborare attivamente per dare all’istituzione quello schema di funzionamento e organizzazione razionale che ne ha fatto un successo di efficienza e neutralità fino ad oggi. Canalizzando 12 milioni di dollari annui verso il finanziamento di progetti in infrastrutture, modernizzazione statale, e programmi sociali, alla BID è ampiamente riconosciuto il merito di aver contribuito fortemente alla riduzione della povertà e della disuguaglianza nella regione. In un momento di forte crisi in America Latina, regione tra le più colpite al mondo dalla pandemia e dalle ripercussioni economiche e sociali di questa, ci si aspetta che l’istituzione giocherà un ruolo imponente anche nell’immediato futuro.
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La candidatura statunitense
Attualmente è Presidente della BID il colombiano Luis Alberto Moreno, il cui mandato scade quest’anno. Per le elezioni di settembre si sono candidati l’ex Presidente costaricana Laura Chinchilla e l’argentino Gustavo Beliz. Il 16 giugno il Segretario al tesoro statunitense, Steven Mnuchin, ha annunciato la candidatura da parte degli USA di Mauricio Claver-Carone, direttore del Consiglio di sicurezza nazionale della casa Bianca per l’emisfero occidentale, avvocato, e figura chiave nell’imposizione delle sanzioni USA a Venezuela, Cuba e Nicaragua.
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Perché l’annuncio ha fatto scalpore?
Perché è una decisione di rottura, che ignora una consuetudine consolidata ed efficiente. La massima autorità della BID è l’Assemblea dei Governatori dei Paesi membri regionali, che assume decisioni a maggioranza assoluta. Per favorire l’intesa, vi è però un equilibrio tra capitale apportato e Paesi beneficiari, tramite un sistema di voto ponderato che favorisce ampiamente gli USA, che detengono almeno il 30% dei voti. A bilanciare il sistema politico-istituzionale della Banca concorre un ulteriore equilibrio istituzionale: la carica di Presidente viene ricoperta sempre da un latinoamericano, perché la gestione del BID si articoli a partire da una visione latinoamericana delle sfide allo sviluppo.
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La decisione statunitense rischia di politicizzare e nazionalizzare la Banca, trasformando la posizione USA nelle relazioni multilaterali con la regione da influenza a dominio, probabilmente nel tentativo dell’amministrazione Trump di controbilanciare gli sforzi cinesi per l’influenza in America Latina.
Nonostante il supporto di Brasile, Colombia e Ecuador alla candidatura di Claver-Carone, le reazioni contrarie negli USA, nella regione e nella comunità internazionale non hanno tardato ad arrivare, con ex capi di Stato, UE, Cile, Argentina, Costa Rica e Messico che chiedono di posticipare le elezioni.
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