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La globalizzazione è, o quanto meno è stato, un fenomeno inevitabile. Per anni, la possibilità di commercio a prezzi ridotti ha favorito la delocalizzazione di imprese e la prospettiva di creare mutui vantaggi tramite la teoria dei vantaggi comparati ha spinto numerosi governi a promuovere politiche a supporto della libera circolazione di merci persone e servizi. Il reshoring è l’opposto dell’offshoring ed è un fenomeno economico che consiste nel rientro a casa delle aziende che in precedenza avevano delocalizzato in Paesi asiatici come Cina o Vietnam o in Paesi dell’Est Europa come Romania o Serbia.
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Per quanto riguarda l’industria italiana, il fenomeno riguarda principalmente le imprese medio-grandi che, necessitando di valorizzare il marchio made in Italy, avevano trasferito su lidi asiatici parti o tutta la filiera produttiva, approfittando di agevolazioni e vantaggi fiscali portando in cambio know-how e lavoro nei paesi interessati. Con il corona virus e la guerra commerciale di Trump, il fenomeno si è acuito, portando numerosissimi analisti ad utilizzare l’antitesi dell’offshoring (delocalizzazione) sempre più spesso. Questa convergenza di fattori ha fatto gridare vittoria ai detrattori della globalizzazione, sintomo che in un certo modo si stesse aspettando il pretesto per giustificare politicamente il rientro delle aziende. Ma effettivamente, quello che sembrava una vittoria per gli schieramenti sovranisti e no global nasconde dentro di se una realtà più complessa.
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Il fenomeno, di per se già avviato, non implica un ritorno diretto in patria e non si basa sulla ritrovata volontà di difendere posti di lavoro nei paesi di provenienza. Lo scenario più probabile è che le aziende spostino la produzione dove ancora la domanda è mantenuta alta, ovvero nei luoghi di consumo. La Cina non era più a buon mercato da tempo, e questo aspetto era stato calcolato con largo anticipo dalla dirigenza comunista che, dopo aver industrializzato il paese, tentava con forza di uscire dalla trappola del reddito medio. Pechino vuole trasformare la Cina in un paese del primo mondo, in quanto sa bene che, arrivata ad un certo livello, la produzione non garantirà più un valore aggiunto ed una occupazione equivalente ai numeri di inizio millennio. Questa è una lezione che qualunque cittadino occidentale conosce già bene: digitalizzazione e mercato dei servizi, questi sono i settori dove un paese tecnologicamente avanzato deve investire, ed il reshoring non è un atto di révanche, ma puro e semplice business.
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