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Il primo ministro libanese ha annunciato la lotta alla corruzione, considerata una misura necessaria per la sopravvivenza del Paese. Ma quest’ultima è possibile attraverso il ripensamento dell’intera classe politica.
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La situazione economica libanese continua a deteriorarsi. La lira libanese ha raggiunto i suoi minimi storici, perdendo all’incirca il 70% del suo valore dall’inizio delle proteste nell’ottobre del 2019.
Le misure di lockdown, adottate per fronteggiare la pandemia, hanno debilitato una situazione economica estremamente fragile. Ciò sta determinando la scomparsa della classe media libanese e sta contribuendo ad una progressiva polarizzazione della società. Secondo le stime della Banca Mondiale, effettuate a novembre, i tassi di povertà sarebbero aumentati dal 30% al 50%, ma ci si aspetta un ulteriore aumento. Attraverso l’utilizzo di un linguaggio bellico, ormai di moda negli ultimi tempi, usato, per l’appunto, anche per “narrare” l’emergenza di Covid-19, il premier Hassan Diab ha dichiarato “guerra alla corruzione” ed ha avvertito i cittadini che la battaglia sarà lunga e dura, poiché “la corruzione è diventata più forte dello Stato stesso”. Battaglia sostenuta anche dal Presidente Michel Aoun, che identifica, nella lotta alla corruzione, il primo step necessario per salvare il futuro del Paese.
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Nel frattempo, l’inflazione sale e le proteste si fanno più violente. Le banche sono diventate i simboli da distruggere dai manifestanti. Il settore bancario, a lungo considerato l’emblema di un Paese conosciuto come “la Svizzera del Medio Oriente”, ora è percepito come il responsabile delle fallimentari politiche economiche implementate dalla fine del conflitto civile, e che hanno portato alla situazione attuale. Dipendente dalle importazioni, la produzione locale non è stata incentivata a sufficienza, con la conseguenza che il Paese dei Cedri importa la gran parte delle risorse alimentari. A causa della scarsità di dollari, tuttavia, ora si teme una grave crisi alimentare. Le parole di Diab non sono credibili perché la corruzione è parte integrante dell’attuale sistema politico libanese e, senza un cambiamento radicale dell’intera classe politica, è difficile sperare in un miglioramento della crisi. Senza interventi tempestivi, le proteste potrebbero radicalizzarsi e potrebbero minare alla resilienza del Libano, la capacità di sopravvivere a numerose tensioni interne ed esterne.
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