CON L’ANNUNCIO DEL CTS IL CONFLITTO IN YEMEN SI COMPLICA SEMPRE PIÙ

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Dopo 5 anni di conflitto non si riesce ad intravedere una soluzione politica per il Paese che possa sbrogliare una difficile situazione in cui prevalgono gli interessi della coalizione a guida saudita, quelli dei ribelli Houthi, e quindi dell’Iran, e quelli dei secessionisti del sud supportati dagli EAU

Recentemente il Consiglio di Transizione del Sud, con a capo le milizie separatiste, ha annunciato di voler istituire un’amministrazione autonoma nelle regioni meridionali sotto il proprio controllo, complicando gli sforzi per il raggiungimento della pace. Gli stessi, che hanno lamentato l’applicazione dell’accordo raggiunto con il governo a guida saudita con a capo il premier Hadi il 5 novembre 2019, hanno anche indetto lo stato d’emergenza nella città portuale di Aden dove si trova il governo yemenita. Qui sono state dispiegate le forze armate separatiste che di fatto bloccano ogni tipo di accordo e tentativo di un cessate il fuoco prolungato.

La decisione di proclamare l’autonomia a livello amministrativo si può leggere anche alla luce della cattiva gestione della fornitura dei beni essenziali, quali acqua ed energia elettrica nelle varie aree del Paese. Il CTS ha anche contestato la mancata attuazione di misure idonee da parte del governo di Hadi per contrastare il coronavirus che nel Paese ha fatto registrare ancora un solo caso ma non fa ben sperare viste le condizioni igienico-sanitarie.

Di fatto, questo nuovo scenario sancisce l’impossibilità per i secessionisti di unirsi ad un futuro governo di unità nazionale In Yemen, come era stato deciso mesi fa. Nel dettaglio si era optato per l’unione dei separatisti ad un nuovo esecutivo nazionale mettendo le proprie forze armate a servizio di tale governo per porre fine agli scontri. Con questo nuovo gesto i separatisti prendono le distanze da un futuro dialogo con Hadi, considerato corrotto, e non si esclude la gestione unilaterale del dossier Houthi, il quale faceva parte di un’unica strategia di contrasto con l’Arabia Saudita nel 2015.

Questa situazione di divisione potrebbe giovare ai secessionisti stessi nel tentativo di guadaganre terreno in altre eree del Paese così come ai ribelli filo-Iran degli Houthi che stazionano nelle regione meridionali e hanno il controllo delle istituzioni della capitale Sana’a.Se la presa di posizione dei secessionisti potrebbe portare ad una maggiore presa di potere da parte degli EAU che in Yemen cercano di ritagliarsi i propri spazi e di dominare nelle aree portuali, è pur vero che Riyad non potrà stare ferma a guardare.

In un conflitto in cui la sua immagine è già stata danneggiata a livello internazionale, il Paese del Golfo deve necessariamente sbloccare la situazione, anche se adesso il fattore separatisti non è di certo un aiuto. I Sauditi sono consapevoli delle proprie difficoltà e delle insidie che i ribelli filo-iraniani costituiscono anche ai propri confini. Devono concentrarsi maggiormente sull’attuazione di una strategia più incisiva nel conflitto anche se tale possibilità viene frenata dal calo del prezzo del greggio nel mondo degli ultimi giorni.

L’Arabia Saudita dovrebbe cercare di ottenere maggiore collaborazione dagli altri Paesi del Golfo se vuole smettere di impantanarsi nel teatro yemenita. A questo punto è necessario andare oltre le logiche della guerra per procura che la vede contrapporsi all’Iran nella scontro contro gli Houthi. Di certo il prolungamento del conflitto non le gioverà sicuramente.Trovare una soluzione al conflitto yemenita diventa sempre più difficile considerando queste premesse e il fatto che il coronavirus potrebbe far peggiorare il tutto.

Nel Paese 7000 bambini richiedono la protezione umanitaria, 8000 sono già morti dallo scoppio della guerra che ha causato la peggiore crisi umanitaria nel mondo. I morti registrati in totale sono circa 100.000 e di questi 4000 sono morti per colera. Si tratta del Paese più povero del mondo.Le Nazioni Unite sembrano sempre più incapaci di trovare una soluzione al conflitto in un Paese isolato a livello internazionale e in cui gli aiuti umanitari fanno fatica a raggiungere alcune aree del Paese tra cui il nord. Qui, tra l’altro, i ribelli usano in maniera strumentale gli aiuti umanitari delle Nazioni Unite.

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