IDRODIPLOMAZIA SUL NILO: LA “GUERRA DELLE ACQUE”

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La disputa legata alla gestione delle acque del Nilo, in corso dal 2011, non è conclusa. Si tratta di una vera e propria crisi diplomatica che vede tra i recenti sviluppi la mancata partecipazione dell’Etiopia all’ultimo incontro previsto nel calendario delle negoziazioni tripartite – tra Addis Abeba, Khartoum e Il Cairo – in corso da novembre 2019. L’intesa finale per sancire le norme riguardo il riempimento e la gestione della diga sul Nilo Azzurro si allontana.

Ritorno alle origini

Il Nilo è la principale fonte di approvvigionamento nell’Africa settentrionale. Con i suoi 6.852 Km, il Nilo contende con il Rio delle Amazzoni il primato per la lunghezza e bagna undici paesi. Due sono i suoi principali affluenti: il Nilo Bianco, che nasce dal Lago Vittoria e contribuisce per il 15% alla portata del fiume, e il Nilo Azzurro, dal Lago Tana in Etiopia, con un contributo pari all’85%.

La regolamentazione delle acque del Nilo è stato oggetto di numerosi trattati regionali che hanno per lo più riconosciuto all’Egitto un quasi-monopolio. Tra questi, l’accordo del 1902, ripreso a grandi linee dall’accordo del 1929, stipulato tra l’Egitto e la Gran Bretagna, portavoce del Sudan, allora sua colonia, che riconosce alle autorità egiziane il pieno controllo delle acque del fiume in periodi di siccità oltre al diritto di porre il veto su tutte le decisioni riguardo progetti di costruzione di infrastrutture che avrebbero potuto danneggiarlo. Il successivo accordo del 1956sarà stipulato con il Sudan indipendente e assegna all’Egitto il 75% delle acque del Nilo, lasciando al Sudan la rimanente parte.

È evidente che queste intese oltre a riconoscere un controllo quasi assoluto alla potenza egiziana, non prendono in considerazione gli interessi degli altri paesi bagnati dalle acque del Nilo. A partire dagli anni novanta, si sono dunque susseguite diverse iniziative per la riformulazione dei precedenti trattati e garantire uno sfruttamento equo delle acque del fiume. Tra queste la Nile Basin Initiative (Nbi) e il Cooperative framework agreement (Cfa). Quest’ultimo è stato firmato, a partire dal 2010, da Etiopia, Burundi, Ruanda, Kenya, Tanzania e Uganda[1]. Si sono astenuti dalla firma Egitto e Sudan ritenendo che violi l’accordo del 1959.

A complicare ulteriormente la regolamentazione delle acque del Nilo è il progetto di costruzione della “Diga del millennio”, meglio conosciuta come Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD), proposto nel 2010 dal governo diMeles Zenawi, allora primo Ministro etiope.

Rischi e benefici

Il progetto, inserito nel Growth and Transformation Plan del periodo 2010-2015[2], è considerato dalle autorità etiopi uno strumento cruciale per lo sviluppo economico del paese. Si prospetta che una volta costruita sarà la più grande centrale idroelettrica in Africa, la cui energia prodotta non sarà utilizzata unicamente per fini domestici ma sarà anche venduta ai paesi vicini, rendendo così il paese il più grande esportatore di energia nel continente africano.

Oltre all’Etiopia, i paesi maggiormente implicati nella costruzione della diga sono Egitto e Sudan. Un gruppo di esperti internazionali ha sottolineato i benefici che la regolamentazione del flusso delle acque del Nilo tramite la diga apporterebbe loro: aumento delle aree irrigate, sedimentazione minore nel lago Nasser, diminuzione delle inondazioni.

Tuttavia, i due paesi sono tra i principali oppositori al progetto. In particolare, Il Cairo teme ci possa essere una drastica riduzione delle sue riserve d’acqua. Oltre alle gravi conseguenze che la diminuzione delle terre arabili apporterebbe nel settore agricolo-alimentare, il governo egiziano dovrà probabilmente affrontare una crisi energetica in virtù della riduzione del volume delle acque del lago Nasser, sul quale si basa gran parte della produzione elettrica egiziana.[3]

Internazionalizzazione del conflitto

Numerosi sono stati i tentativi di risoluzione della disputa, tra cui: un accordo stipulato nel 2010 tra i paesi lungo il bacino del Nilo; una Dichiarazione di principi [4], risalente al marzo 2015, sottoscritta dai leader del Sudan, Egitto ed Etiopia[5] ; un’intesa tra i Ministri esteri e delle riserve idriche d’Egitto, Sudan ed Etiopia, riguardo la formazione di un comitato scientifico per la conduzione di studi sul potenziale impatto che la costruzione della diga potrebbe avere sul flusso del Nilo [6].

Nonostante ciò non ci sono stati significativi passi avanti. In particolare, Il Cairo teme che la costruzione della GERD possa incidere sulla propria egemonia e, inoltre, reclama quanto previsto dall’articolo 44 della costituzione egiziana: il “diritto storico di controllo sulle acque del Nilo massimizzandone i benefici e minimizzandone la compromissione”.

Falliti i tentativi diplomatici, i paesi maggiormente coinvolti cercano di salvaguardare i propri interessi tramite una alliance building strategy: la creazione di alleanze diventa uno strumento strategico per acquisire potere materiale, tramite supporto militare, finanziario ed economico, ma anche, e soprattutto in questo caso, simbolico.

Così, da un lato l’alleanza sino-etiope, implementata a partire dal 1990, ha consentito all’Etiopia l’autofinanziamento del progetto; dall’altro, l’Egitto ha dapprima cercato il sostegno della comunità internazionale e, in secondo luogo, ha richiesto l’intervento americano. In particolare, grazie alla mediazione statunitense sono stati stabiliti quattro incontri – la cui time-line[7] è stata concordata dopo l’incontro con il Segretario del Tesoro Americano Mnuchin e il presidente della Banca Mondiale a novembre – con l’obiettivo di raggiungere un accordo comprensivo, cooperativo, adattivo, sostenibile e mutualmente benefico[8].

L’intesa finale si allontana

Nonostante si sperasse di raggiungere un’intesa entro il 15 gennaio 2020[9], le negoziazioni si sono protratte ulteriormente rimandando a fine febbraio la stipula di un accordo riguardante principalmente le modalità di riempimento della diga e i provvedimenti da adottare in caso di siccità – essendo questi i principali punti di contrasto – oltre a meccanismi di coordinazione, disposizioni per la risoluzione di dispute, condivisione delle informazioni.[10] Contrariamente a quanto previsto, Addis Abeba non ha preso parte a quest’ultimo incontro dichiarando che la delegazione etiope non aveva ancora concluso le consultazioni con gli stakeholders.

Risulta chiaro che l’attuale crisi diplomatica sulla gestione delle acque del Nilo necessita di una risposta rapida e inclusiva ulteriormente consolidata dalla formazione di un framework cooperativo di lungo termine che garantisca la risoluzione di eventuali problematiche nel rispetto degli interessi di tutti i paesi coinvolti. Dunque, ci si augura che i leader abbandonino l’atteggiamento difensivo che ha caratterizzato le negoziazioni in favore di un approccio solidale.

ULTERIORI FONTI:

  • Hala Nasr & Andreas Neef. “Ethiopia’s Challenge to Egyptian Hegemony in the Nile River Basin: The Case of the Grand Ethiopian Renaissance Dam”, Geopolitics (2016).

[1] https://lospiegone.com/2019/06/16/etiopia-egitto-e-sudan-la-disputa-sulle-acque-del-nilo/

[2] https://lospiegone.com/2019/06/16/etiopia-egitto-e-sudan-la-disputa-sulle-acque-del-nilo/

[3]  https://lospiegone.com/2019/06/16/etiopia-egitto-e-sudan-la-disputa-sulle-acque-del-nilo/

[4] http://aigaforum.com/documents/full-text-of-egypt-sudan-ethiopia-agreement-on-nile-use.pdf

[5] https://www.theguardian.com/global-development/2015/mar/23/egypt-signs-grand-renaissance-dam-nile-deal-ethiopia-sudan

[6] https://www.crisisgroup.org/africa/horn-africa/ethiopia/271-bridging-gap-nile-waters-dispute

[7] https://www.middleeastmonitor.com/20191224-ethiopia-minister-of-water-holds-talks-with-head-of-sudan/

[8] https://www.middleeastmonitor.com/20191107-us-egypt-ethiopia-sudan-to-try-to-resolve-dam-dispute-by-jan-15/

[9] https://www.middleeastmonitor.com/20200226-ethiopia-pulls-out-of-us-meeting-on-nile-dam/

[10] https://home.treasury.gov/news/press-releases/sm875

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Ciao a tutti, sono Martina Brunelli, laureata in Mediazione linguistica e culturale e attualmente laureanda in Relazioni e istituzioni dell’Asia e dell’Africa presso l’università degli studi di Napoli “L’Orientale”. Sono fluente in quattro lingue e la mia voglia di migliorarmi mi ha portata ad approfondire i miei studi a Siviglia (Spagna) e Rabat (Marocco). La mia collaborazione con lo IARI è iniziata ad ottobre 2019 spinta dal desiderio di mettermi alla prova e di comprendere al meglio l’ambiente socio-politico mutevole e dinamico della regione del Medio Oriente e Nord Africa, la macro-area di cui mi occupo nelle mie analisi per lo IARI. Scrivere per questo giovane think tank mi dà la possibilità di coadiuvare i miei interessi per le relazioni internazionali e gli equilibri geopolitici dell’area MENA al mio desiderio di crescita professionale. Mi permette, inoltre, di confrontarmi con un ambiente giovanile ma allo stesso tempo stimolante.

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