IL CONGO HA LE ORE CONTATE

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Lunedi 25 Novembre la cittadina nord-orientale di Beni, in Congo, è stata teatro di un terribile attacco da parte dei ribelli che hanno preso di mira il quartier generale della missione MONUSCO, la missione ONU per il mantenimento della pace in Congo. Nelle 48 ore successive, le Forze democratiche alleate (ADF) hanno attaccato il villaggio di Oicha, a 30 km da Beni, provocando numerose vittime. Il bilancio, solo dell’ultima settimana, sarebbe di almeno 80 vittime. Tra queste ci sarebbero anche alcuni degli operatori sanitari dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Il dottor Tedros Adhanom Ghebreyesusdirettore, direttore dell’Oms, ha commentato la vicenda invitando i sopravvissuti a non perdere la fiducia verso la missione: “Abbiamo il cuore spezzato. Il nostro obiettivo è prenderci cura dei feriti e garantire che il personale di altre località sia al sicuro”.

Secondo il gruppo Friends of Congo, oltre ai continui attacchi da parte dei ribelli, la situazione è aggravata dal malcontento della popolazione verso le Nazioni Unite. Questa condizione non fa che peggiorare la l’atmosfera di tensione, alcuni civili, nei giorni successivi, si sono radunati in forma di protesta, davanti la sede ONU di Beni, provocando violenti scontri.

Quello che sta vivendo il Congo è il risultato della pesante eredità storico-politica del Paese. Il gruppo ADF trova, in realtà, le sue origini in Uganda nel 1995, dove si era sviluppato per opporsi al Presidente Yoweri Museveni. In seguito al forte malcontento della popolazione congolese, soprattutto contro le gravi repressioni del precedente regime, le forze sono riuscite ad estendersi anche nel vicino Congo, reclutando diversi seguaci.

Il difficile contesto politico è appesantito dall’emergenza sanitaria. Nel 2018 le vittime di Ebola sono state almeno 2000, a queste si aggiungono le vittime di morbillo, che dall’inizio del 2019 sarebbero almeno 5000. Nonostante il piano di intervento avviato dall’OMS a settembre che comprende, tra le altre azioni, una campagna di vaccinazione, la situazione non accenna a migliorare e più della metà della popolazione non si è sottoposta alle vaccinazioni. Oltre alle forti carenze strutturali e alla mancanza di ospedali, il fallimento della campagna è da ricercare anche nella mancanza di fiducia di buona parte della popolazione verso l’ONU; quest’ultima infatti è stata accusata di reagire passivamente agli attacchi dei ribelli. Inoltre i ribelli hanno favorito la diffusione dell’idea che l’ebola non esista e che la campagna di vaccinazione sia parte di una strategia per eliminare la popolazione.

L’atteggiamento dei ribelli, e la diffusione di false credenze, stanno alimentando una situazione sempre più esplosiva. Il tentativo di contenere l’epidemia, oltre che per ragioni sanitarie, risulta fondamentale per l’economia del Paese. Da un lato si preme per mantenere un certo livello di discrezione mediatica, per paura di andare incontro a un vero e proprio isolamento che non farebbe che danneggiare ulteriormente l’economia del Paese. Dall’altro, questo silenzio, sta ostacolando la comprensione della crisi, e della sua portata, rallentando l’arrivo di finanziamenti e di aiuti internazionali.

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Cari lettori, ho il piacere di presentarmi, sono Giusy Monforte, analista dell’Istituto Analisi Relazioni Internazionali (IARI).
La mia passione per la geopolitica è iniziata a Catania, dove mi sono laureata in Politica e Relazioni internazionali. Successivamente mi sono spostata a Napoli, città che mi ha letteralmente incantata per la sua capacità di restare fedele alle sue radici identitarie pur guardando verso l’Europa. A Napoli ho conseguito una laurea magistrale in Studi Internazionali presso “L’Orientale”, dedicando particolare attenzione al mondo arabo e al diritto islamico, con il fine di inquadrare quest'ultimo nelle scienze giuspubblicistiche. Dopo la laurea ho continuato i miei studi e non ho mai smesso di scrivere: ho collaborato con diverse riviste di geopolitica.
Ho avuto la fortuna di salire a bordo di questo Think Tank sin dall’inizio riuscendo, in questo modo, a dare il mio contributo dalle sue prime manovre e a crescere professionalmente insieme ad esso. Allo IARI mi occupo soprattutto di temi afferenti al costituzionalismo in Africa e negli Stati a maggioranza musulmana.
La mia curiosità verso il mondo si riversa probabilmente anche nelle altre attività.
Dedico il resto del mio tempo alla ricerca delle scoperte musicali e vado spesso ai Festival che ti permettono di spaziare dal dreampop alla Jazztronica, senza sembrare una persona confusa, e a condividere, contemporaneamente, la passione per la musica con persone provenienti da tutto il mondo. Amo viaggiare, oltre che fisicamente, anche attraverso il cinema: seguo con particolare interesse il cinema iraniano e coreano, ma confesso che il mio cuore appartiene al canadese Xavier Dolan.
La parola che odio di più è etnocentrismo: spesso si ignora che non esiste solo una prospettiva e che la realtà ha diverse facce se imparassimo a guardarla con gli occhi degli altri.
La mia parola preferita, invece, è prònoia: perché l’universo può giocare anche a nostro favore ma a volte lo dimentichiamo

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