È iniziato il conto alla rovescia di uno degli appuntamenti elettorali più importanti del 2019. Tra meno di 24 ore, infatti, potrebbe essere eletto in Tunisia il nuovo Presidente. L’uso del condizionale dipende dalle alte probabilità che sarà necessario il secondo turno, che in quel caso si terrà non prima di novembre. Ventisei i candidati in corsa, tra cui due donne, ma secondo i sondaggi la partita si giocherà soprattutto tra cinque nomi.
Nabil Karoui: imprenditore e proprietario del canale televisivo Nessma è tra i candidati più popolari di queste elezioni. L’alto numero di consensi si deve in parte alle diverse iniziative di beneficenza verso le classi più disagiate. Le sue attività imprenditoriali e i suoi ideali filo-liberali, hanno portato a definirlo il “Berlusconi” della Tunisia. Candidato con il partito “Al Cuore della Tunisia” è attualmente in stato di arresto per un’inchiesta avviata poche settimane fa dalla Magistratura per riciclaggio ed evasione fiscale. Sondaggi: 23%
Kaïs Saïed: avvocato e professore universitario, si presenta a queste elezioni da indipendente. Apertamente ostile all’uguaglianza tra i diritti tra uomo e donna, si è presentato come il portavoce dei tunisini conservatori legati ai valori tradizionali. In diverse occasioni si è pronunciato anche contro l’attuale sistema parlamentare, in particolare contro l’Assemblea dei rappresentanti del popolo, che vorrebbe sostituire con un’assemblea degli eletti nelle amministrazioni locali. Sondaggi: 14%
Youssef Chahed: laureato in ingegneria, da tre anni è il primo ministro in carica. Nominato da Essebsi come uno dei suoi uomini più fidati, ha mostrato subito la sua intraprendenza politica fondando Tahaya Tounes (“viva la Tunisia”), partito nazional-liberale. Nell’ultimo anno Chahed ha perso molti sostenitori. La sua discesa, in parte, è dovuta alla difficile situazione economica e agli alti livelli di disoccupazione, e inflazione, che persistono nonostante le diverse riforme adottate. Sondaggi: 7,8%
Abir Moussi: avvocato e candidata del partito dusturiano libero, durante il periodo di Ben Alì è stata vice-segretario generale del partito raggruppamento generale democratico. La sua posizione è apertamente nostalgica verso il periodo di Ben Alì e ostile alla Costituzione del 2014, che considera esclusivamente come il frutto di un golpe a danno del regime precedente. Reazionaria e conservatrice non ha nascosto le sue idee omofobe e contrarie ad una società fondata sulla parità tra uomo e donna. A renderla popolare è soprattutto la sua visione anti-islamista. Sondaggi: 5,2%
Moncef Marzouki: Candidato con il partito liberale Al-Iradah, è uno dei veterani della scena politica tunisina, oltre ad essere uno dei principali sostenitori dei diritti fondamentali. Negli anni Ottanta ha aderito alla Lega tunisina per i diritti umani di cui divenne presidente. Negli anni Novanta venne arrestato e detenuto per diversi mesi fino a quando la sua vicenda, divenuta nel frattempo di clamore mediatico, vide l’interessamento di Amnesty International e Nelson Mandela. Negli anni ha portato avanti diverse campagne in favore dei diritti sociali e civili. Dopo la caduta del regime di Ben Alì ha preso parte alle elezioni dell’Assemblea Costituente ottenendo l’8,7% dei voti. Sondaggi: 3,1%
Le elezioni avvengono dopo la morte del Presidente Beji Caid Essebsi, personaggio politico di grande importanza che ha svolto un ruolo cruciale nella difficile transizione democratica tunisina, tuttora in corso. Il modo in cui la popolazione risponderà a questo appuntamento elettorale, oltre che alle legislative che si svolgeranno ad ottobre, ci permetterà di comprendere quanto i valori della democrazia e della partecipazione, siano realmente radicati nella coscienza politica della popolazione. La Tunisia, del resto, è l’unico Paese del Nord Africa che è riuscito, dopo le rivolte del 2011, a portare avanti un processo di democratizzazione, nonostante le difficoltà economiche e gli episodi di terrorismo. Un atteggiamento positivo potrebbe in un certo senso trasmettere un messaggio di speranza a quei Paesi che dopo alcuni timidi tentativi hanno abbandonato le loro aspirazioni democratiche. Allo stesso tempo, le elezioni tunisine, risultano di particolare interesse anche per l’Unione Europea. Un governo stabile, infatti, potrebbe avere ripercussioni positive anche nel dialogo con l’Europa, e in particolare con i Paesi di frontiera, in quanto permetterebbe di portare avanti con maggiore convinzione gli obiettivi di integrazione e cooperazione tra le due sponde del mediterraneo.
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